Quando manca la fantasia…

Impazza sulla blogosfera italiana la storia della tesi plagiata di Monia Alessandrini, meglio conosciuta ai più come autrice dell’interessante webzine Comzine. Su ManteBlog come su Macchianera, i tenutari dei blog italiani si scatenano con tanto di Googlebombing «Cristina Gavello è una copiona» ed ampie difese dell’involontariamente coinvolto Vittorio Pasteris, relatore della tesi della copiona.

Non che sia così raro, che le tesi “volino” da una parte all’altra: Paolo Graziani racconta il suo caso in cui Internet c’entra poco ma il dolore è tanto ed altrettanto, senza parlare delle vittime delle biblioteche e delle tesi pubbliche. In fin dei conti solo chi è laureato (tanti e tanti, grazie a Dio) capisce cosa vuol dire smazzarsi ore ed ore per fare una tesi e vedersela rubata con un paio di copia & incolla.

La cosa grave, nel caso di Monia, è che la sua alter ego è diventata, nel suo piccolo, “famosa”. Ormai il web book incriminato non esiste più, ma restano tracce sul Web dei link (commentati molto positivamente). D’altra parte i poverini di NetManager già hanno abbastanza guai in casa per pensare anche a queste storiacce.

Un’ultima chicca, scoperta per puro caso pochi minuti fa: chi ha dato il permesso a questi di ripubblicare in pillole PubblicitArte?

Un nuovo tipo di e-commerce, direttamente dalla nuova Europa

Sebbene il sito protagonista di questa storia non è europeo ma australiano, sono europei gli artefici del ricatto che ha messo in ginocchio MultiBet. Degli intrapendenti cracker lituani sono riusciti ad ottenere 20.000 dollari statunitensi minacciando di bloccare all’infinito con un denial of service distribuito. L’e-business secondo i lituani.

In realtà, al di là della storia specifica e dei protagonisti, il caso potrebbe divenire seriamente preoccupante se tramutato in pratica corrente: anche perché l’alternativa, i 35.000 dollari mensili che il proprietario doveva pagare per un sistema di protezione dagli attacchi, sono solo l’altra faccia della medaglia. Si può rifiutare di pagare il “pizzo” e ricorrere alle tecnologie, ma si rischia che le tecnologie di sicurezza costino più dell’estorsione stessa.

Tutto ciò, va notato, grazie ai milioni di PC – zombie che, infettati da uno degli infiniti trojan visti negli ultimi anni, sono sempre lì pronti per far danni. Nonostante le indagini britanniche, i cracker dell’Europa orientale sono preparati e decisi: il gioco è solo all’inizio, dopo i bookmaker australiani verrà il turno di molte altre aziende e proprio l’Europa sarà un ottimo bersaglio…

Nubi di ieri sul nostro domani odierno…

Che poi era il titolo di una canzone, ma potrebbe oggi essere l’etichetta all’andazzo di Tiscali: se si ripercorre a ritroso l’archivio delle milestone, ci si rende conto di come un topolino sia diventato un elefante e rischia di morire da cane. Malandato, pure.

Gli analisti finanziari stanno un po’ svolgendo il ruolo di cornacchie del malaugurio, ma la paura di una Parmalat-2 è grossa. Soprattutto dopo i problemi di Chl e di tutto il settore ICT italiano. Prima si era iniziato a parlare di dismissioni delle filiali in Norvegia, Svizzera, Svezia e Sudafrica. Poi questo è stato dato per assodato e si è iniziato a parlare di dismettere anche le attività di Danimarca, Spagna, Repubblica Ceca e Austria.

Scelta geniale, verrebbe da dire, quella di focalizzarsi su Italia, Francia, Regno Unito, Germania e Benelux. Come dire: perché concentrarsi su mercati prolifici come quelli del Nord Europa o promettenti come quelli dell’Est e del Sud Africa? Buttiamoci sull’Italia o sulle altre grandi nazioni europee, dove ci sono anche gli incumbent a oligopolizzare, quando non monopolizzare, il mercato. Da notare che lo stesso CEO dimissionario parla di Tiscali Sud Africa come di un gioiellino

Pier Luigi Tolardo ha ragione: con attori come l’ex (si fa per dire) monopolista in circolazione, è ben difficile che Tiscali raggiunga gli improbabili conversion rate di abbonamenti gratuiti in ADSL. Persino Telecom Italia si lamenta del comportamento monopolistico di France Telecom in Francia! Dove, tra l’altro, la stessa Tiscali offre ADSL 2.048K e traffico telefonico gratuito a 30 Euro al mese. Altro che le cifre che si spendono in Italia…

Come al solito è iniziata la fantascienza da crisi imminente e come al solito ci sarebbe Microsoft che compra Tiscali, con spirito caritativo. Nella realtà, Tiscali France «débarque brutalement son président Rafi Kouyoumdjian» ed a tutti sorge il dubbio che le nubi delle spese pazze di ieri si spostino anche in quel domani odierno lì.

L’insostenibile lentezza di Microsoft

Basta un giro sui computer di un’azienda o di un’università europee: un numero imprecisato di computer viene ancora gestito con Windows 98, un buon numero con Windows 2000, un numero ormai pari con Windows XP Home o Professional. Si direbbe l’avanguardia.

In realtà, si dovrebbe ricordare che Windows XP ormai risale a tre anni fa. Ed altrettanto vecchio, dunque, è Microsoft Internet Explorer: sebbene rimanga di gran lunga il browser più utilizzato, è sotto continuo attacco dei professionisti ICT, che lo considerano ormai superato e soprattutto pericoloso.

Non che vada meglio in termini di applicazioni: è vero che Microsoft ci ha proposto una versione 2002 (Office XP) ed una versione 2003 della propria suite Office, ma anche in questo caso latitano le innovazioni significative. Qualcuno anzi si lamenta che le scelte di interfaccia implementate rispetto alle versioni precedenti siano un passaggio all’indietro in termini di usabilità. Questione di gusti?

Nel frattempo, Microsoft ci allieta con il Service Pack 2 e dopo qualche giorno annuncia i “cerotti” allo stesso: la correzione delle correzioni? Oppure se ne esce con prodotti banali come Windows XP Starter Edition.

Ciò che fa notizia, l'”anticipo” nel rilascio di Windows Longhorn al 2006 ma con metà delle funzionalità “importanti”, è quantomeno surreale: basta scorrere gli archivi su Internet per scoprire come Longhorn dovesse essere inizialmente pubblicato entro la prima metà del 2003! Sarebbe stato un tempo coerente con la tradizione Microsoft. Ora, invece, tra Windows XP e Windows Longhorn con Fs passeranno sei anni. Per partorire cosa, poi?

Stavolta, gli utenti del MacOS hanno ragione: l’annuncio che Longhorn stabile verrà reso noto nel 2011, dopo 10 anni di sviluppi, è ridicolo. O fa piangere, questione di punti di vista.