Alta velocità, alto time to market

I tecnofili di tutto il mondo ricordano (con tenerezza o con ironia?) la parabola di Ginger, la grande innovazione che doveva cambiare il mondo. Un passaparola creato ad hoc aveva fatto lievitare l’entusiasmo degli investitori e la curiosità della stampa: quel misterioso prodotto rivoluzionario che poi sarebbe diventato commercialmente noto come Segway sarebbe potuto essere qualsiasi cosa, in termini di dimensione, forma e finalità. Ciò che era stata ben alimentata era la curiosità e l’attesa fini a sé stesse.

Allo stesso modo, a cavallo del cambio di secolo c’erano altre tecnologie, leggermente più definite in termini di etichette (“alta velocità”, “larga banda”, “cellulari di terza generazione”, etc.), che facevano immaginare ulteriori anni di floridità economica. Vista la fine ingloriosa di quelle speranze, forse legata proprio alla lentezza con cui queste immaginifiche rivoluzioni venivano pianificata, oggi rimane da valutare se le attese erano legittime o meno.

Pensiamo all’UMTS: dopo anni di discussioni sulle miliardarie vendite delle licenze da parte degli Stati europei, l’introduzione commerciale è avvenuta di soppiatto, prima da parte di H3G e solo dopo molti anni da parte dei suoi concorrenti europei. Ancora oggi in tutta Europa H3G fa clamoroso dumping, Vodafone spinge principalmente sulla vendita di contenuti multimediali ed operatori alternativi quali Bouygues Telecom o Wind, che l’hanno importata dal Giappone, spingono sull’I-Mode, tecnologia mediocre di seconda generazione.

Non cambia granché ad osservare la progressione della banda larga: qualche anno fa l’esempio era quello statunitense e la speranza era la cablatura di tutta l’Europa con fibre ottiche. La liberalizzazione delle telecomunicazioni sembrava spianare la strada: apparivano operatori alternativi come Fastweb o Hansenet ed i monopolisti apparivano impegnati a sperimentare una tecnologia apparentemente marginale, la Dsl. Oggi, dobbiamo ringraziare le divinità che proteggono il Continente per il fatto che, sebbene ormai gli investimenti sulla Rete fisica sono stati abbandonati, i monopolisti siano riusciti ad imporre la versione più povera, l’Adsl, come standard di mercato. Gli operatori alternativi, come al solito, vagano indecisi rimembrando i tempi che furono.

Si badi che la parossistica lentezza nell’introduzione delle tecnologie non ha riguardato solo l’hi-tech: l’alta velocità ferroviaria prevede progetti di lunghissimo termine, misurabili in decenni. Proteste ecologiche a parte, i consumatori sembrano gradire molto questo tipo di innovazione: tuttavia, rimarranno a bocca asciutta ancora per molto, in panorami come quello italiano, in cui l’alta velocità tanto attesa da decenni è stata introdotta come l’UMTS, di sottecchi. Magari, un giorno l’alta velocità permetterà collegamenti fisici efficienti tra tutte le città europee, nel frattempo coperte alla perfezione dalla Rete via cavo e da un’eccellente copertura UMTS. Magari, un giorno.

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