Le scelte strategiche di Telecom Italia ed il bene del Mercato

In questo periodo l’affaire Telecom Italia è all’ordine del giorno di qualsiasi discussione privata, pubblica ed istituzionale. Chiunque è (o quantomeno si sente) legittimato ad esprimere un parere: il Gruppo non solo è leader di mercato nel wireline, nella telefonia mobile e nella connettività, ma è anche una delle società più importanti del capitalismo nostrano. Un Gruppo che interessa milioni di stakeholders, siano essi azionisti, clienti o dipendenti (o magari sono tutto ciò contemporaneamente). Un Gruppo che a quanto pare vuole diventare una minuscola media company in un mondo internazionale di giganti che comprano prede preziose.

Passi per la discussione sui massimi sistemi e sulle pur legittime riflessioni sugli impatti macroeconomici delle scelte: ciò che è sempre importante tenere in mente, però, è che si sta parlando di un’azienda privata e delle scelte strategiche dei suoi manager. Per quanto discutibili, le possibili exit strategy dal campo della telefonia cellulare e dal controllo dell’infrastruttura di rete nazionale, rappresentano le risposte a problemi finanziari notevoli, ma anche ad un quadro competitivo in continua evoluzione. Qualche tempo fa tutti guardavano alla telefonia cellulare come unico business del futuro: oggi, i primi risultati concreti di un’economia basata sulla Rete, fanno osservare con nuova attenzione le reti fisse.

Rottamare una gallina dalle uova d’oro come Tim è una scelta coraggiosa ed è prematuro dire se sbagliato o corretto: forse è ancora presto per il successo di massa delle offerte convergenti che la stessa Telecom Italia sta lanciando, ma è un’incognita immaginare quale sarà il modello dominante per l’utilizzo dei sistemi di telecomunicazione da parte degli Europei nel giro di qualche anno. In un mondo che tende al wireless, certo, suona bizzarro immaginare un’improvvisa riconversione al fisso: è pur vero, però, che il potenziale di cavi e fibre ottiche, trascinante negli altri continenti, nel nostro è pressoché sconosciuto. Situazione che, in Italia, dipende soprattutto dal ruolo dominante di Telecom Italia, che è comunque l’unica azienda che può permettersi investimenti importanti nel settore.

Dispiace quasi sentimentalmente, in ogni caso, per la probabile scomparsa dell’ultimo operatore mobile italiano, dopo la cessione degli altri gioielli avvenuta negli ultimi anni. Sembra molto più interessante, almeno per il Mercato (se non per Telecom Italia), la nazionalizzazione della rete fissa, al pari di quanto avvenuto con le reti che trasportano gas ed elettricità: è bello immaginare, almeno per un istante, una public company, partecipata dallo Stato, che concentri le attività di Terna, GRTN, Snam Rete Gas e rete telefonica, in modo da riuscire a creare economie di scala e di scopo, ma che soprattutto riesca ad offrire pari opportunità a tutti gli attori di mercato. A quel punto, nazionali od internazionali essi siano, poco importa: a giovarne sarà il cittadino e Telecom Italia potrà dilettarsi a vendere contenuti in un Paese in cui tutti i concorrenti vendono sempre le stesse cose.

1 pensiero su “Le scelte strategiche di Telecom Italia ed il bene del Mercato

  1. Sarebbe un bel sogno avere una società di gestione infrastrutturale complessiva: se ne potrebbe ricavare banda su rete gas od elettrica secondo la bisogna; oppure wi-fi in zone accidentate. Insomma la fine del digital divide, la Bengodi della comunicazione.

    Infatti è un sogno… 🙁

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