Giancarlo Livraghi, l’illuminato

Punto Informatico festeggia Gandalf.it, il portale di informazione fondato da Giancarlo Livraghi, attraverso una lunga intervista a questo personaggio che, in Europa, ha rappresentato un punto di riferimento storico prima nel mondo della pubblicità e poi della Rete. Non pago di essere stato un guru per un’intera generazione di comunicatori italiani, oggi il buon Livraghi viene visto da giornalisti e internettari della prima ora come un saggio fratello maggiore cui chiedere consiglio sul futuro del Web, dati sulla sua evoluzione, informazioni circa i suoi rigagnoli più preziosi. Le varie interviste rilasciate nel corso degli anni sono servite per lasciare andare il nostro a divagazioni che nei sobri articoli pubblicati su Gandalf non sempre si concede.

Rileggendo quella rilasciata un paio di anni fa come quella di oggi, rimangono impressi dei passaggi che dimostrano la vista di lungo periodo di Livraghi. Colpisce in particolare il suo approccio “umanistico” alla Rete, quella visione di Internet come «conversazione privata» che può piacere o meno, ma che è l’unica chiave di lettura di un fenomeno che troppe volte viene letto esclusivamente sotto il suo profilo tecnico, piuttosto che nel suo essenziale spirito di condivisione di idee e conoscenze. Livraghi parla di macchine come «schiavi» da utilizzare per semplificare il proprio vivere la Rete, ma da cui non farsi schiavizzare: una visione che suona quasi azzardata, in un periodo di folli innamoramenti per hardware e software d’uso comune.

Nell’ultima intervista, Livraghi parla diffusamente anche della sua visione della pubblicità on line: la ritiene in crescita proporzionalmente ad Internet nel suo complesso, ma non pensa sia destinata a particolari evoluzioni quantitative / qualitative. Ci spiega che per lui rappresenta «un dettaglio marginale rispetto alle tante cose, sostanzialmente più utili, che le imprese possono fare» attraverso Internet e le sue applicazioni. Visione dura ma probabilmente corretta, che serve a ridimensionare la pubblicità come uno dei tanti modi di comunicare in Rete, ma non la mitizza come avviene su altri media più classici.

Livraghi non è una divinità da venerare, ma un uomo di affari illuminato. Come a tutte le persone che si espongono gridando al mondo la propria visione del futuro, anche nei suoi confronti si possono muovere tante critiche, ma è giusto riconoscere il suo impegno civile con Alcei e l’apporto sostanziale al dibattito culturale sulla Rete con Gandalf. C’è da sperare che Dio gli conservi ancora per molto salute e senno: quando non avremo più le sue parole a guidarci nella vita quotidiana in Rete, ci sentiremo decisamente più soli in una piazza virtuale che, c’è da scommetterci, nel frattempo sarà diventata paurosamente immensa.

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