Second Life, first step

Nonostante negli anni sia diventato un portentoso strumento per solleticare la fantasia e l’interesse di giornalisti ed utenti, di Second Life su queste pagine si è parlato sempre poco: qualche accenno al suo uso in ambito universitario e poco più. Non è per altezzosità o supponenza, quanto piuttosto per timore reverenziale. Quando un fenomeno monta così rapidamente ed in maniera così ampia, è opportuno evitare di dare un giudizio tranchant o soggettivo. Forse è il caso di mantenere la calma, applicare un approccio scientifico e provare a costruire ipotesi di studio. L’alternativa è tornare a dibattiti simili a quelli della fine anni Ottanta, del tipo “Videotel sì / Videotel no”, o a quelli della seconda metà dei Novanta, quando c’erano i talebani delle chat ed i predicatori del verbo che vedeva le chat unicamente come luogo di lussurie inenarrabili.

Non è un caso che, in un’accesa discussione con Paolo Attivissimo, anche Fabio Metitieri proponga di tornare indietro con la mente: la storia di questi giorni, effettivamente, ha tanti punti in comune con quella di una dozzina di anni fa. Allora pochi siti, bruttarelli ma utili, iniziavano a solleticare la curiosità del grande pubblico e gli investimenti delle aziende, soprattutto in chiave promozionale; allo stesso modo, oggi, i giornali seguono con attenzione cosa si muove nel secondo mondo. La differenza, se vogliamo, è proprio negli spettatori del fenomeno: allora non esistevano molte fonti giornalistiche on line, non esistevano i blog e le opinioni individuali era necessario cercarle nelle comunità virtuali, tra un commento e l’altro al topic del giorno.

L’esplosione di meta-dialoghi a proposito di quanto accade on line, negli ultimi anni, è decisamente cresciuta: qualche commentatore si è addirittura specializzato nel discettare di argomenti specifici. Il caso tipico, proprio riguardo a Second Life, è Wagner James Au, che si è ritagliato il ruolo di Cassandra ufficiale della piattaforma tridimensionale: le sue opinioni sono spesso condivisibili, ma quelle degli epigoni che le utilizzano per “distruggere il mito” sono parte stesso dell’hype montante, che infatti sta assumendo carattere negativo dopo mesi di puro ottimismo. Molto più saggi gli interventi come quello di Massimo Moruzzi: l’ottica è quella aziendale, l’analisi è pessimistica ma sensata. Colpisce soprattutto il paragone immobiliare, perché fotografa bene la mentalità di molte organizzazioni nostrane.

Esprimere un giudizio secco su Second Life, dunque, ha la stessa possibilità di essere legittimo quanto potevano essere le discussioni sterili di cui si diceva all’inizio. Il Videotel è stato ucciso dall’evoluzione tecnologica e dalle truffe (ma non ditelo ai francesi, che al Minitel sono decisamente affezionati ancora oggi), le chat sono andate svuotandosi a favore delle discussioni tramite instant messenger. La tecnologia cambia e Second Life è solo il primo passo dell’ultima evoluzione tecnologica del Web, quella tridimensionale: si tratta di una tecnologia proprietaria e di un ambiente chiuso, ma un’evoluzione intelligente probabilmente trasformerà il tutto in qualcosa di molto diverso da quanto vediamo oggi.

1 pensiero su “Second Life, first step

  1. Pingback: Pingback dall’articolo » Dieci fantasmi della Rete

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.