La blogizzazione dei giornali miete vittime

Questa è una storiella dedicata ai lettori di .commEurope abitanti nel mondo reale e non nella blogosfera (alias la maggior parte): è quella del blogger italiano Paul The Wine Guy che, pur avendo iniziato a curare il suo blog da pochi mesi, è riuscito a ottenere una grande notorietà tramite iniziative originali e innovative. Qualche esempio? Il Blogstar Deathmatch, perfetto per attirare l’attenzione delle vedette nostrane, oppure 7 giorni senza Google, utile per guadagnarsi la simpatia di tuti gli altri blogger Google-dipendenti (alias la maggior parte). Ultima idea originale: la serie Understanding Art for Geeks, pubblicata periodicamente sul suo blog e poi sistematizzata su Flickr.

'The Thinker' di Auguste Rodin nella versione di Paul The Wine GuyUn’ulteriore occasione per ricevere grande attenzione, soprattutto nel mondo dei tumblelog nostrani, ansiosi ogni volta di pubblicare le nuove puntate della serie. Arriviamo infatti ai giorni nostri: l’idea di utilizzare le opere più celebri della storia dell’arte e “personalizzarle” ad uso e consumo dei geek di tutto il mondo è sublime, ma soprattutto virale. La pubblicazione su Flickr è il grilletto: ogni opera accumula decine di migliaia di visite e rapidamente permette a Paul The Wine Guy di ottenere l’attenzione dei grandi siti internazionali. Inizia Slashdot, con il classico dibattito sui massimi sistemi tipico di questa piattaforma, poi arriva l’intervista con underwire, blog di Wired:

«Paul, who requested his last name not be used so his boss doesn’t know he’s occasionally slacking off, works as a web developer in Northern Italy. He tells the Underwire that the project was inspired by his two passions: art and computers. When he was younger, he attended the Academy of Fine Arts of Brera in Milan, and found it easy to “see the hilarious side of a painting.”»

In questa glorificazione internazionale si inserisce anche l’italianissimo Corriere.it: mette in home page il set completo di Understanding Art for Geeks pubblicato sino ad ora. Peccato che “dimentica” qualsiasi attribuzione a Paul The Wine Guy: unica concessione, dopo tutte le polemiche viste negli scorsi mesi, una laconica scritta “Da Flickr.com”, senza link. Scoppia una mobilitazione generale tra i titolari di tumblelog, che esprimono la solidarietà a Paul The Wine Guy: questi, intelligentemente, nota di non essere un angioletto in termini di rispetto del diritto d’autore, concludendo, a proposito dei suoi carnefici,

«devo disimparare nel chiamarli giornalisti. Perché se scrivono mediocremente, fanno errori, sono servili, cascano nelle bufale e copiano tutto ciò che gli capita in giro come un qualsiasi blogger preso a caso, beh, non vedo più nessuna differenza.»

La storia finisce con il ravvedimento del Corriere della Sera, che inserisce la citazione del sito di Paul The Wine Guy, ovviamente senza link. Ma è proprio l’osservazione di Paul che sintetizza, insieme alle discussioni tra giornalisti illuminati come Alberto D’Ottavi e Vittorio Pasteris, l’insegnamento di questa vicenda: la “blogizzazione” dei giornali è un processo complesso, che avviene in un momento storico in cui il diritto d’autore, in Italia, viene gestito in maniera bizzarra, tra vincoli a senso unico e immagini da “degradare” ai sensi di legge. Ecco, Paul The Wine Guy deve anche stare attento: a quest’ora avrà la SIAE alle calcagna per la pubblicazione delle opere d’arte…

Volete capire lo stato della politica italiana? Seguite il Grande Fratello!

Fa una certa impressione guardare le scene di guerriglia urbana presentate nel filmato pubblicato oggi dalla Fiamma Tricolore su YouTube: si tratta dell’assalto di un gruppo neo-fascista alla “bolla” che la produzione del Grande Fratello aveva posto a Ponte Milvio, storico luogo romano. Proprio quella bolla che nel corso del week-end era riuscita a fare da traino verso la nuova edizione del reality show, varata in diretta televisiva ieri sera: 3 ragazzotti avevano trascorso lì un paio di notti e un paio di giorni, comportandosi in maniera imbarazzata rispetto ai pochi occhi degli spettatori dal vivo, poche ore prima di iniziare a compiere le stesse azioni quotidiane davanti agli sguardi dei 5-6 milioni di spettatori che settimanalmente si appassionano alle vicende del programma televisivo.

La motivazione dell’attacco? Un tentativo di sollevare l’attenzione pubblica romana e nazionale sul tema del diritto universale all’abitazione, con lo slogan «La casa non è un gioco» a fare da filo conduttore, sia nell’azione dal vivo, sia nella riproposizione della prodezza su YouTube, a sua volta oggi ampiamente ripresa dai quotidiani. Un’attività che, se fosse stata fatta da un’agenzia pubblicitaria e non da un gruppo politico, sarebbe stata definita di “guerrilla marketing”, con ottimi riscontri in termini di risultato sul target di destinazione. Un’iniziativa che, però, è stata organizzata da un gruppo politico (per di più estremista) e quindi ha assunto toni ben diversi dai tentativi di attirare l’attenzione visti nei giorni precedenti (vedi calabrese incatenato con tanto di coperta fornita da Endemol).

Alla fine, non solo gli autori del gesto hanno avuto un ritorno dall’iniziativa di protesta: oggi tutti i giornali devono parlare di Grande Fratello e farlo non solo nelle pagine dello spettacolo, favorendo la crescita dell’attenzione pubblica sull’esordio del programma. I risultati di audience del debutto sono stati interessanti, sebbene non immaginifici come quelli dellle edizioni passate: solo due anni fa, ad esempio, la puntata di esordio aveva attirato in media 7,6 milioni di spettatori, cioè due milioni in più di quelli di ieri sera. L’enfasi sulla bolla e l’effetto-protesta, però, hanno evidenziato che, nonostante si sia all’ottava edizione del programma, la curiosità nazionale è ancora ampia. In alcuni strati della popolazione, forse, maggiore anche di quella destinata all’incombente crisi di Governo.

Panem et circenses, d’altra parte, saranno la droga pubblica anche per il 2008: già un anno fa si era qui a lamentarsi dell’attenzione esasperata verso le avventure di casa Berlusconi (in senso lato) rispetto all’attualità inquietante. Ora ci si trova di fronte ad una situazione politica ed economica ancora più complessa, ma di nuovo alle prese con lo stesso approccio alla cosa pubblica: ha ragione Antonio Sofi, viviamo quotidianamente (in) una gigantesca anomalia che sfonda il muro della politica ed invade senza diritti il mondo della comunicazione. Con buona pace di chi vive in Rete e cerca di informarsi in maniera “astratta” rispetto alle fonti tradizionali: se non si tiene aggiornato riguardo agli ospiti di Bruno Vespa o alle disavventure di una ventina di auto-ingabbiati, rischia di non capire più la situazione politica nazionale.

Cosa hanno cercato i lettori di .commEurope nel 2007?

Una volta avviato il consolidamento degli archivi di .commEurope su WordPress lo scorso giugno, dal 1° luglio 2007 si è iniziato a monitorare il traffico sul blog tramite Google Analytics: una scelta quasi obbligata, vista la predominanza che ormai Google presenta nella nostra vita in Rete. Si tratta di una piattaforma interessante, che offre ottime funzionalità di reportistica; peccato solo per il drastico calo nella qualità delle esportazioni visto negli ultimi mesi. Google Analytics permette di ottenere spunti interessanti per marketer, webmaster e blogger: proviamo perciò a sfruttare una briciolina delle sue potenzialità per raccontare qualcosa di più sui lettori saltuari di .commEurope. Su quelli affezionati, c’è poco da dire: sono pazzi e basta.

In maniera simile a quanto avviene in altre analisi, anche nel .commEurope Zeitgeist vengono analizzate le chiavi di ricerca con cui gli utenti dei vari search engine accedono a questo blog. Come al solito è Google a farla da padrone e l’iniziativa stessa è un chiaro plagio del Google Zeitgeist italiano: periodicamente verranno rilevate le ricerche più significative e periodicamente verrà aggiornata la “Top 20” storica. In ogni lista, il tutto viene pesato in termini proporzionali rispetto alla chiave “capoclassifica”: l’obiettivo, ovviamente, è evitare che il numero assoluto di ricerche oscuri il loro peso rispetto al complesso degli accessi a .commEurope. Si tratta comunque di una goccia rispetto al totale delle ricerche, misurabili in circa un migliaio di nuove query ogni mese.

Ma quali sono i primi risultati, relativi alla seconda metà del 2007? Sicuramente una grande attenzione ai grandi marchi: Barilla, KFC, Fiat, Perfetti, Capitalia, Wind ed UBI sono state tra le aziende più ricercate. Curiosa, in particolare, la situazione di quest’ultimo Gruppo finanziario: soprattutto negli ultimi mesi del 2007, la chiave di ricerca «Qui BPU» ha sommato centinaia di richieste e centinaia di accessi. Risultato quantomeno bizzarro, visto che l’home banking in questione non esiste più, essendo stato rinominato Qui UBI (in maniera coerente con la nuova brand identity del Gruppo UBI). Tanta attenzione “fuori sincrono” anche per Capitalia: proprio nei mesi in cui il Gruppo romano veniva incorporato in UniCredit, su .commEurope impazzava la query «logo Capitalia».

Il vincitore assoluto, comunque, è TodoMondo, cui era stato dedicato un articolo ai tempi dell’apertura, nel 2005: sommando le ricerche «Avitour Srl», «TodoMondo», «Todo Mondo», «Avitour», si ottiene il risultato più significativo. Se si guardano i singoli mesi, invece, tanta attenzione ai temi caldi di volta in volta affrontati: verso la Fiat Grande Punto a luglio o sulla crisi di Mattel a settembre, ad esempio, ma anche verso Barilla Alixir a novembre. Ultimo rilievo, invece, per le ricerche nominative: in questi mesi sono fioccate le ricerche relative a personaggi noti come Tom Mockridge, Eleonora Berlusconi o Nichi Grauso, ma anche meno conosciuti come la giornalista Laura Piccinini. Nella Top 20, rimane solo una ricerca, veramente incomprensibile: «come cambia arredamento retail», ripetuta decina di volte. Chi sa la risposta?

Chiudere gli occhi e pensare a Beppe Grillo

Proviamo a fare un esperimento: commentare l’ormai noto post di Alessandro Gilioli a proposito della mancata intervista a Beppe Grillo provando ad ignorare le decine di articoli che nel giro di poche ore hanno inondato i blog italiani o le migliaia di commenti ricevuti in coda al post stesso. Riflettervi come se non si fosse blogger, come se l’articolo di Gilioli fosse apparso su L’Espresso qualche anno fa, quando i blog in Italia erano poco diffusi ed i magazine avevano ancora quel valore di approfondimento attualmente preso in carico dai quotidiani cartacei. Tentare, insomma, di ragionare in termini Grilliani: scrivere da dentro una campana, ignorando il confronto con la blogosfera e con i giornalisti, ma anche con coloro che commentano in maniera copiosa sul blog stesso di Grillo.

Non che mancherebbero le tracce del passato recente, in Rete, per riflettere sui presunti nemici dell’ex-comico diventato pastore di anime: chi non ricorda, ad esempio, la campagna “Contro Beppe Grillo”, che un anno e mezzo fa aveva attirato grande attenzione collettiva, o lo schierarsi deciso di Daniele Luttazzi contro le proposte di legge lanciate in occasione del tanto vituperato V-Day? Come non riportare alla mente la lunga analisi del fenomeno Grillo di Massimo Mantellini, che appena pochi mesi fa scriveva…

«Forse, dico forse, Grillo è volontariamente fuori da qualsiasi dinamica di rete. Emette ma non riceve, parla ma non risponde, Grillo forse usa Internet bene (ben consigliato, andrebbe detto) ma non abita la rete. E come lui la grande maggioranza dei suoi commentatori e lettori.»

Se ne parlava criticamente persino su .commEurope, esattamente due anni fa: oggi come allora, Beppe Grillo lancia i suoi strali via blog, ma oggi ancor più di allora ha un pubblico fedele e convinto della bontà delle sue argomentazioni. Un pubblico ormai trasbordato offline, che sulla Rete come in piazza crede nelle recriminazioni di Grillo (anche quando del tutto infondate) a proposito della censura “dall’alto” delle sue idee. Una censura che sarebbe operata dai grandi operatori del mondo della comunicazione, giornali e non, ma che dovrebbe essere del tutto inutile proprio in base ad uno degli assunti principali delle campagne di Grillo: se è vero che Rete sociale e blog sono il “vero” mezzo del futuro, proprio l’ampia attenzione che tutti dedichiamo alle iniziative del mattatore dovrebbe essere la sua arma più tagliente verso il “Regime” che critica.

Nella campana si sta comodi e protetti: il blog è un amplificatore sparato a tutto volume verso l’esterno, ma il vetro riesce a filtrare le reazioni che le parole pesanti lanciate nell’etere creano nella massa (e tra i giornalisti). Solo una cosa serve davvero, cioè un’organizzazione che sostenga gli sforzi e mantenga ben salda la campana: Grillo l’ha trovata nella Casaleggio Associati, in quella brillante struttura guidata da GianRoberto Casaleggio che, nel bene e nel male, da anni sta profondamente incidendo sulla realtà del Web italiano. Sorge il dubbio che scavando sotto il predicatore che arringa le folle, insomma, ci sia un terreno consolidato e ben poco anarchico. La prossima puntata della guerra di Grillo contro lo stato di cose precostituito, a questo punto, dovrebbe essere il match “Grillo vs. Casaleggio”. Ma succederà?

Subvertising, il mensile di cui avevamo bisogno

Ferve l’attesa per l’uscita, prevista tra qualche giorno, del terzo numero di Subvertising, il mensile prodotto da giornalisti free lance ad uso e consumo di pubblicitari e markettari alternativi italiani che negli ultimi due mesi ha attirato grande e meritata attenzione. In chiave promozionale, si riporta il testo di uno degli articoli tratti dal numero 2, dedicato interamente all’azione “Moonities” di Boston: si tratta solo di una riproduzione non autorizzata, che si pubblica su .commEurope al solo scopo di far venire l’acquolina collettiva per ulteriori download. In bocca al lupo a tutta la redazione!

«Ceci n’est pas un bomb: l’azione entrata nella storia del marketing non convenzionale

Di Wolverine, redazione@subvertising.it

Torino. Questa è la città italiana forse più simile al teatro che mercoledì 31 gennaio 2007 ha visto andare in scena lo spettacolo Mooninites. Non era il Piemonte, con il suo buon vino e le pasticcerie, ma Boston, capitale del Massachusetts, Stati Uniti. Una città di quasi 4 milioni di abitanti leader economico-culturale della propria regione. Ore 8,05 del mattino: un passante nota uno strano oggetto sulla statale 93, nei pressi di Sullivan Square. L’avvistamento viene comunicato alle autorità competenti. Fino a qui, tutto bene. Tempo due ore cominciano però a giungere sul luogo pompieri, ambulanze, blindati degli artificieri, forze di sicurezza, perfino i robot per la deflagrazione. Tutti lì per neutralizzare quello che si valuta un pericoloso ordigno, come immediatamente rilancia il Boston Globe. Il traffico viene bloccato, in puro stile stelle e strisce: ponti come il Longfellow e il Boston University Bridge chiusi, paralizzata la statale, i quartieri isolati e tutto il delirio di spiegamento mezzi e uomini che avete sempre visto nei film di Bruce Willis.

Nella sola città di Boston, grazie alle segnalazioni che si accavallano man mano che la notizia si diffonde, vengono individuati cinque dispositivi elettronici; tutti identificati come ordigni esplosivi a causa del loro posizionamento in prossimità di punti d’afflusso e del loro corredo di fili, batterie e nastro isolante ben in vista. Gli elicotteri delle reti televisive si sono intanto alzati in volo e sui principali network nazionali rimbalza la notizia meritandosi una diretta mattutina di tutto rispetto. La CNN decide di puntare le proprie telecamere sulla vicenda tramite continui “breaking news”. Solo in un secondo momento si scoprirà che sono nove le città americane colpite dalla stessa fantomatica minaccia terroristica.

L’omino a LED che alza fiero il dito medio si rivelerà per quello che è solo tra le due e le tre del pomeriggio, cinque ore dopo il primo avvistamento: Bin Laden non c’entra, si tratta semplicemente di un’originale campagna pubblicitaria avviata due settimane prima in diverse città americane dall’agenzia Interference Inc. per conto della Turner Broadcasting System – che, sottolineano i maligni, è curiosamente proprietaria anche della CNN/Fox. Obiettivo dell’azione, preparare il pubblico all’uscita del lungometraggio della serie animata Aqua Teen Hunger Force, in onda su Adult Swim, fascia di programmazione notturna della rete Cartoon Network. Ignignokt, l’omino lunare raffigurato a LED sul circuito stampato autoalimentato intanto se la ride, con quel suo dito medio alzato alla polizia che lo mette sotto sequestro.

Più passano le ore e più risulta evidente come le autorità di Boston e dello stato del Massachussets siano cadute in un tremendo equivoco procedurale, tanto è vero che le stesse istallazioni non avevano ricevuto altrettanta attenzione da parte delle stesse di New York, Los Angeles, Chicago, Atlanta, Portland, Austin, San Francisco e Philadelphia. Intuendo il volume della figuraccia fatta, a qualcuno nei palazzi che contano comincia a gonfiarsi la vena del collo. Phil Kent, CEO e presidente della Turner Broadcasting System presenta subito in due dichiarazioni scritte solenni scuse pubbliche nei confronti dei cittadini di Boston. La Turner rassicura la cittadinanza di aver avvisato le forze dell’ordine sui luoghi prescelti per il posizionamento degli oggetti e di aver già provveduto a farli rimuovere. Il procuratore generale dello stato del Massachusetts Martha Coakley giudica l’installazione dei Mooninites un crimine a tutti gli effetti e fa arrestare, con l’accusa di procurato allarme cittadino, due giovani videoartisti, Peter Berdovsky (intervista in questo numero di Subvertising, ndr.) ed il suo amico Sean Stevens, braccia operative bostoniane dell’azione di guerriglia marketing.

Anche il sindaco Thomas Menino reagisce alla campagna pubblicitaria definendola oltraggiosa e dichiarando di ritenere le scuse pubbliche della Turner non abbastanza soddisfacenti per la cittadinanza. Menino afferma di aver appreso solo alle 17,30, tramite fax, i posizionamenti dei vari oggetti e di aver ricevuto solo alle 21 una chiamata da un semplice responsabile dell’ufficio pubbliche relazioni della Turner e di non aver risposto alla comunicazione, giudicando il comportamento della società televisiva come una mancanza di rispetto verso l’istituzione comunale.

Qualche settimana dopo (il 9 febbraio), Jim Samples, general manager di Cartoon Network rassegna le dimissioni nel silenzio dei suoi superiori entro Turner, con l’attuale e fortissimo sospetto di pressioni subite da parte delle autorità che richiedevano all’azienda una testa da tagliare in sacrificio rituale. Jim toglie il disturbo, prende qualche mese di vacanza, ed eccolo spuntare di nuovo, al soldo questa volta di HGTV (Scripps Network), una rete dedicata al mondo dell’arredamento, del giardinaggio, del fai da te, seguita in qualcosa come 89 milioni di case americane.»

Qualche spunto per il 2008

Chiuso il 2007 con una palettata di auguri, avendo mandato dal carrozziere la palla di cristallo rotta ed essendo sparita ogni illusione di inseguire eternamente buoni propositi vecchi di un anno, quest’anno si apre con degli spunti un po’ random, da interpretarsi come si desideri: suggerimenti, previsioni, fantasie, perversioni. Nel tempo d’altronde il pubblico di .commEurope è variato e si è ampliato: queste riflessioni a margine del cambio di calendario potranno suonare un po’ astruse per alcuni e un po’ banali per altri. In fin dei conti, in un Paese in cui la maggior parte delle persone discetta di marketing come se fosse argomento da Bar dello Sport, anche queste righe potranno contribuire all’enorme sforzo collettivo di diffusione del buon senso comune: non ci sono più le mezze stagioni ed i prezzi sono alti per colpa delle spese di marketing, no?

  • Attenzione agli Stati Uniti
    Primo alert per il 2008, è quello relativo allo scenario statunitense: sia che siate Marketing Manager di aziende esportatrici negli Stati Uniti, sia che siate Copywriter alle prese con le branch europee delle multinazionali, la vostra vita nell’anno appena iniziato verrà fortemente condizionata dall’andamento politico ed economico dell’ancora per poco (la Cina incombe) Stato più potente del Mondo. Come consumatori e come professionisti, abbiamo poco da gioire per il dollaro debole: sarà anche piacevole andare in vacanza oltre l’Atlantico a fare shopping, ma la caduta libera della moneta verde causerà sempre più danni, ben al di là dell’impennata del petrolio. La speranza è che il nuovo Presidente degli Stati Uniti sappia promuovere l’ottimismo: la stagflazione miete vittime e l’economia europea non è abbastanza forte per poter rifuggire ai suoi effetti.
     
  • Capacità di intepretare i cambiamenti dei fornitori
    Di solito il marketing insegna a prestare la massima attenzione ai clienti. A volte però, ci si dimentica di dare il giusto peso a tutta la catena del valore, di cui si è sempre per definizione un solo anello. Magari nel 2007 avrete notato un progressivo ridursi dei vostri fornitori di servizi finanziari, ormai sempre più erogati da pochi soggetti; nel 2008 potreste però scoprire che anche i vostri fornitori industriali hanno fatto scelte simili. Prendete il caso di Philips: si è data un piano strategico al 2010, quindi si è riorganizzata in 3 divisioni, poi ha iniziato a guardarsi intorno per succose acquisizioni. Per arrivare a raggiungere i suoi obiettivi, Philips ha bisogno dei suoi distributori; questi ultimi, però, non possono fare a meno di Philips (e di De’ Longhi, nel pur momentaneamente smentito esempio di cui sopra), pur di presentare un’offerta completa ai propri consumatori finali.
     
  • Sensibilità reale per le problematiche culturali
    Quando qualche mese Richard Gere ha ecceduto in effusioni verso Shilpa Shetty e perciò ho ottenuto una marea di minacce di morte per sé e per la bella attrice di Bollywood, la maggior parte degli Occidentali ha sghignazzato sentendosi superiore a tali “sciocche” recriminazioni. Poi qualche mese dopo e a qualche centinaio di kilometri di distanza, il brutale assassinio di Benazir Bhutto ha fatto rabbrividire quegli stessi Occidentali e molti di più: il Mondo è molto più piccolo di quanto sembri e le incomprensibili dinamiche sociopolitiche di Paesi un tempo remoti, ora possono avere forti influssi anche sulle nostre economie e sulle nostre convinzioni culturali. E per i markettari, questo vuol dire comportamenti e stili d’acquisto che evolvono nel tempo, non sempre nel senso di un maggior desiderio di spesa. Anzi.
     
  • Uso “nativo” della Rete
    Abbiamo passato un po’ di anni ad evangelizzarci reciprocamente sulle opportunità offerte dalla Rete, dai software sociali e dalle nuove potenzialità offerte dalla disponibilità pervasiva di connettività. Ora è il momento di fare un passo avanti e di dare per scontate un po’ di queste technicalities: per un’azienda, un tempo era un fattore distintivo avere un sito interessante e ora è a dir poco scontato averlo; qualche mese fa era all’avanguardia possedere un’isola su Second Life ed ora è sciocco non curarla. Molti dei nostri clienti danno per scontata la nostra presenza attiva on line: un’attività economica (anche e soprattutto se piccola) che non gestisca correttamente la propria comunicazione on line (fosse anche solo la posta elettronica), è semplicemente fuori mercato.
     
  • Fiducia nella creatività
    Per quanto sia cattivo costume nazionale parlare male dei pubblicitari e della pubblicità, dei PR e delle relazioni pubbliche, bisogna ammettere che i marketers di impresa non possono non fidarsi di chi fornisce loro supporto quotidiano. Fiducia in realtà non così diffusa come sembrerebbe banale che fosse: quando le cose vanno bene si sventolano al CEO i dati degli Istituti di ricerca, quando il mercato è in declino si porta al CdA la testa dell’account manager dell’agenzia pubblicitaria, annunciando il cambio di agenzia come panacea di tutti i mali. Il corpo acefalo dell’account ovviamente inveirà sui creativi, i quali risponderanno: “Se ci aveste ascoltato sin dall’inizio, non saremmo mai arrivati a questo punto”. Ma nessuno ascolterà nemmeno questa risposta, come al solito.