Lo Stato che ama/odia Internet (e noi?)

Non si riesce, francamente, ad avere una posizione precisa sul tema della pubblicazione integrale dei dati fiscali degli Italiani che il viceministro Vincenzo Visco ha predisposto negli scorsi giorni. Si inizia una riflessione a mente fredda e si arriva a pensare “Ottima idea, visto che così si sa chi paga veramente le tasse in Italia!”. Poi subentrano sentimenti come paura e invidia e si arriva a domandare “Ma se poi i ladri leggono i redditi dei benestanti e vanno a scassinare le loro villette?” oppure “Perché X dichiara un reddito così basso quando è un noto professionista locale?”.

Non è una coincidenza, tuttavia, che questo stato di incertezza accompagni un po’ tutte le (ormai numerose) iniziative dello Stato che vanno verso un maggior utilizzo della Rete nell’interazione tra uffici della Pubblica Amministrazione e soprattutto cercano di migliorare l’interazione tra cittadini e Stato stesso: tutti gli heavy user di Internet in Italia ricorderanno, ad esempio, l’improbabile obbligo di mandare copia dei siti alla Biblioteca Nazionale di Firenze e le infinite polemiche che ne scaturirono, le nette prese di posizione a favore e soprattutto contro l’iniziativa.

Siamo in uno Stato in cui il Presidente della Repubblica parla di un «mondo aggressivamente multimediale» per motivare i giornalisti della carta stampata a detrimento dell’informazione via Web, ma in cui lo Stato stesso, ormai da tempo orientato sulla strada dell’e-mail certificata, ha nel tempo scoperto i potenziali risparmi che un uso accorto di questi strumenti possono presentare nella perigliosa lotta alla burocrazia e ai suoi costi mostruosi. Noi, però, continuiamo a guardare in maniera preconcetta a qualsiasi decisione statale, senza essere mai convinti davvero della “buona fede” di queste iniziative.

Capita così che nelle stesse ore in cui è stata resa nota una nuova piccola-grande rivoluzione in ambito Giustizia, con un rinvigorito approccio all’uso dell’e-mail certificata tra i Tribunali, la nostra attenzione è andata agli strali di Beppe Grillo contro Visco e la sua idea (teoricamente) anti-evasione. In fin dei conti, il problema non è l’improvvisa impennata della presenza dello Stato sul Web: è l’enorme sfiducia che abbiamo l’uno per l’altro. In un Paese perfetto, non si arriverebbe a parlare di aggressività multimediale e ad esercitarla per accusare lo Stato di essere governato dai mafiosi come ha fatto Grillo.

1 pensiero su “Lo Stato che ama/odia Internet (e noi?)

  1. Le dichiarazioni dei redditi non spariranno mai dall’incontrollabile Web, continueranno a circolarvi in barba alla sorveglianza statale sui cittadini… Il giusto tormento a un Governo che voleva imbrigliare i blog con una stupida disposizione all’interno del disegno di legge Levi-Prodi [dov’è andato/com’è andata a finire?].

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.