Galbani vorrà ancora dire fiducia?

Corrono per le strade delle nostre città i camioncini giallo-verdi di Galbani. Corrono come hanno sempre fatto, come ricordiamo sin dall’infanzia, come facevano già decenni prima. Galbani è un marchio italiano storico e proprio per questa sua natura così nazional-popolare, è sempre riuscito ad attirare le simpatie delle masse, anche con prodotti di posizionamento non eccelso come il formaggio Bel Paese e i suoi derivati.

Galbani è un’azienda che ha cambiato mille volte padrone, ma ha sempre conservato la produzione in terra italica. Che fosse di proprietà Danone o sotto l’egida Lactalis, ha conservato la gamma di prodotti storica e le stesse modalità di distribuzione, con tutte le criticità collegate che lo scandalo degli scorsi giorni ha indirettamente sottolineato: l’esigenza di avere punti di distribuzione sparsi per il territorio comporta ovvie difficoltà di controllo.

Il fatto che da anni «Galbani vuol dire fiducia» forse ha avuto un impatto ancora più forte nello sviluppo della vicenda. Da diceria locale a notizia principe dei quotidiani, il sistema di contraffazioni alimentari ha fatto crollare le vendite del marchio che insieme a Locatelli e Invernizzi ha costruito l’immagine internazionale dell’industria casearia italiana: è stato un brutto trauma per molti Italiani, clienti prima o poi dell’Egidio Galbani SpA.

Interesante notare che in realtà l’avvio della spirale distruttiva sia stato dato non tanto dalla notizia delle contraffazioni, quanto da quella della decisione da parte di una delle Coop di ritirare i prodotti Galbani dai propri punti vendita. Alla base del clamore, uno scontro di credibilità: tra la “fiducia” di Galbani e la “fama” di Coop ha evidentemente vinto quest’ultima, ritenuta più severa in termini di standard qualitativi.

Può essere che dopo questa vicenda il marchio Galbani sarà compromesso per sempre, almeno sul mercato italiano. Forse converrebbe all’azienda farlo scomparire dai prodotti Santa Lucia e lasciarlo solo su quelli “tradizionali”. O forse l’azienda potrebbe anche non fare nulla: aspettare che la buriana passi e il consumatore dimentichi l’accaduto potrebbe essere una strategia vincente nel lungo periodo. Nel breve, meglio star zitti e abbozzare.

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