Tra crisi e crasi

Crisi, crisi, crisi. Non si sente parlar d’altro né nei notiziari economici che in quelli di attualità. L’agenda setting non perdona e così anche per noi “crisi” sta diventando il termine più frequente nei nostri dialoghi tra amici, parenti e colleghi. C’è paura diffusa e si dice che sia dovuta alla crisi. Paura di cosa? Difficile a dirsi: alcuni ovviamente vivono in prima persona le difficoltà del mercato e quindi soffrono davvero subendo casse integrazioni, chiusure di contratti temporanei, cambi drammatici di condizioni economiche. Per gli altri, si tratta soprattutto di temere il futuro.

Se tutti comunicano incertezza, il futuro diventa grigio ancor prima che nero. Le aziende non hanno nemmeno il coraggio di approntare i budget, i manager si bloccano impauriti, i subordinati partono per le vacanze natalizie come se fossero l’ultimo momento di felicità prima del baratro chiamato 2009. Esiste però ovviamente un’industria che deve cercare di rimanere immune dal pessimismo ed è quella che opera sul mercato dell’intrattenimento. Può scherzare con la crisi, può ridicolizzare i comportamenti più irrazionali per dar fiducia a chi ancora può… Ma non può chiudere baracca e burattini.

Ecco così uscire a Natale i film preparati da mesi e lanciati con cura in questo periodo per allietare gli Italiani: Madagascar 2, Aldo Giovanni e Giacomo e soprattutto l’ennesimo cine-panettone con De Sica e conmpagnia. Bisogna pur far ridere le folle e non si può rinunciare agli schemi consolidati della comicità. Entra così in scena la parola più citata in recensioni cinematografiche, trailer e presentazioni di Natale a Rio sugli altri media: si tratta di “crasi”. Che è il termine che dovrebbe riassumere la distanza culturale tra Ghini e De Sica, tra l’Italia “acculturata” (?) e l’Italia dei furbi-simpaticoni-fai-da-te.

La cosa notevole è che l’ormai stra-nota battuta sul misunderstanding del termine “crasi” non verrà capita dai furbi-simpaticoni-fai-da-te che guarderanno il film, cioè la maggior parte degli spettatori di questo filone cinematografico nonché principali vittime della crisi economica attuale. Siamo insomma di fronte ad un delirio collettivo: la popolazione che soffre la crisi va al cinema per sorridere e scopre di dover sorridere fingendo di comprendere battute espresse nel film da un rappresentante dell’altra parte della barricata, quella che si ritiene colpevole del disastro economico. Che incubo.

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