Le Elezioni, la matita copiativa e i manifesti elettorali

Esistono decine di milioni di elettori che, in tutta Europa, oggi non potranno votare. Si tratta di quei cittadini che, in diversi Stati, si trovano lontano dalla città di residenza, ma comunque all’interno del proprio Paese. Per quanto paradossale, se fossero cittadini residenti all’Estero, il proprio Stato di origine garantirebbe loro la possibilità di voto tramite le proprie rappresentanze consolari. Al contrario, nulla viene loro garantito se non si impegnano, a spese proprie, a tornare alla città di origine appositamente per votare. In altre parole: uno studente campano che fa l’Università a Torino non voterà mai, ma suo cugino, i cui genitori sono emigrati in Canada decenni fa, sì.

Si tratta solo di una delle mille situazioni imbarazzanti che, ad ogni tornata elettorale, i cittadini italiani si trovano a scontare. Centinaia di milioni di Euro spesi ad ogni consultazione, per garantire agli elettori di esprimere le proprie preferenze secondo regole che, nella maggior parte dei casi, risalgono ancora al Testo Unico del febbraio 1948. Altre centinaia di milioni di Euro spesi in campagne elettorali estenuanti, fatte di santini elettorali, fac simile di schede, tribune elettorali in televisione e soprattutto di brutti e ingombranti cartelloni elettorali, abusivi o magari esposti per poche ore, giusto il tempo che qualche big spender copra i manifesti del concorrente, magari dello stesso partito.

Meraviglia che, nel furore rivoluzionario che ha contraddistinto questi mesi da Ministro, Brunetta non abbia pensato ad intervenire in qualche modo su questo argomento, se non altro attraverso un’adeguata moral suasion nei confronti del Ministro dell’Interno, che è il sacerdote quasi unico di queste messe che, ormai annualmente, vengono celebrate in Italia al debutto dell’estate. Messe antiquate, tenute in edifici pubblici fatiscenti presidiati da forze dell’ordine che sbadigliano e presidenti di seggio intenti a consegnare agli elettori le matite copiative. Nemmeno la consolazione della penna biro come in Francia e in Germania: figurarsi chi vuole pensare al voto elettronico.

Eppure, sarebbe ora. Si risparmierebbero fondi, si aumenterebbe la partecipazione degli elettori ma anche la sicurezza e la velocità delle operazioni. Si potrebbe permettere di votare via Internet, lasciando un piccolo numero di seggi sul territorio in cui ospitare totem dedicati a coloro che amano crogiolarsi nel digital divide. E invece no: per decenni, ancora, continueremo a tenere in ballo un carrozzone in cui comunicazione pubblica e comunicazione politica danno il loro peggio. In attesa del prossimo referendum, in cui qualche migliaio di cittadini coscienziosi vorrà a tutti i costi esprimere il proprio voto, sapendo a priori che il quorum, come al solito, non verrà nemmeno lontanamente raggiunto.

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