La fiction è l’arma più forte

Viste le continue discussioni sulle nomine Rai, torna in mente in questi giorni l’ottimo articolo di Marco Belpoliti che, ad inizio agosto, è riuscito a sintetizzare lo shift di potere tra le varie posizioni di responsabilità dei canali televisvi italiani. Una riflessione approfondita che fa emergere l’imprevedibile crescita di responsabilità dei “padroni” della fiction, nuovo e potentissimo strumento di persuasione di massa stretto con avidità nelle mani di chi ha capito la sua rilevanza rispetto alle sempre meno credibili fonti di (in)formazione tradizionali.

Basti guardare i palinsesti delle reti televisive generaliste per rendersi conto di come le fiction rappresentino il piatto forte di molta programmazione. Molti dei canali principali non dedicano più nemmeno una serata ai film mentre, al contrario, serie televisive corte e lunghe spadroneggiano ancor più di varietà e sport. L’unica differenza sostanziale è la produzione: alcune reti preferiscono importare prodotti di successo a livello internazionale, altre propongono con frequenza produzioni nostrane, declinate sul passato o sul presente.

Sono proprio queste ultime, ovviamente, le serie che attraggono maggiori attenzioni da parte di politici e produttori. La nostra vita quotidiana è di volta in volta fonte e copia di quella ritratta nelle serie, in un circolo vizioso/virtuoso di aggiornamento delle serie ai gusti del pubblico e riconoscibilità da parte dei telespettatori nei propri paladini. Serie come I Cesaroni, Un medico in famiglia, Tutti pazzi per amore, riescono a ritrarre l’Italia contemporanea come nessun libro, nemmeno il più populistico di Moccia, potrà mai fare: sono foto in movimento.

Fa sorridere quando si prova a discutere di queste serie con Italiani di località ed estrazione sociale diversi. Per alcuni, le famiglie così aperte ritratte nelle serie sono troppo lontane da quelle viste per strada quotidianamente, ma proprio per questo servono come benchmark per comprendere, ad esempio, le scelte di figli lontani da casa; per altri, le storie rappresentate sono fin troppo addolcite, ma in quanto tali riescono ad ammorbidire e far riflettere rispetto a situazioni analoghe vissute quotidianamente con vicini, colleghi e parenti vari.

Non sono, insomma, solo le fiction storiche ad incidere sulle vite della maggioranza degli Italiani. Anzi: basta una sit com pomeridiana per capire com’è la vita a Milano o una telenovela serale per intuire quella dei rioni di Napoli. O almeno a questo sembra si voglia arrivare: le storie televisive come proxy della vita reale, come bibbia per orientare i propri comportamenti sulla base di quanto trasmesso in TV. Il percorso è lungo, ma una buona parte è già stata percorsa: per parafrasare un caro vecchio sociologo, “La vita come rappresentazione televisiva”.

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