Innovare in Europa, innovare in Italia

Desta una certa curiosità il dossier di Punto Informatico dedicato all’Innovation Day SMAU ed ai relativi vincitori. Si tratta di testimonianze che restituiscono un’idea un po’ diversa da quello che è il comune sentire sulla possibilità di innovare in Italia ed in generale in Europa. Rispetto al pessimismo cosmico che pervade chi affronta queste tematiche sul tram andando frustrato al lavoro, si intravvede un minimo di speranza sulla possibilità di fare impresa e di farla in maniera il più possibile innovativa, aggredendo mercati internazionali per fare economie di scala, ancora prima di provare a lanciarsi nel giardinetto sotto casa.

Se c’è una cosa che emerge dalle testimonianze, come prevedibile, è la difficoltà di trovare fondi freschi che permettano magari non lo sviluppo delle attività, ma quantomeno la fase di startup. Su questo, la sensazione è che il circuito del credito tradizionale faccia fatica a star dietro le iniziative realmente innovative: se hai bisogno di metter su una startup hi-tech e l’unica cosa che puoi dare in garanzia è l’appartamento in periferia dei tuoi genitori, difficilmente otterrai il credito necessario anche solo per avviare le attività. E questo vale per la stragrande maggioranza delle Banche Retail europee: ormai di Istituti mono-nazione ne esistono pochi.

L’azienda che ha vinto il mini-premio (appena 10.000 Euro) esiste in realtà dal 2005; ha ormai superato la soglia critica dell’avvio dell’attività e piano piano sta sviluppando un portafoglio di prodotti con gradi diversi di innovazione. Le altre sono ancora in fase di lancio e in qualche modo risentono di modelli di business ancora troppo uguali a quelli che ormai hanno fallito dieci anni fa: il freemium supportato dall’advertising continua ad illudere troppi, anche perché l’unico catalizzatore di fondi continua ad essere il sistema AdWords/AdSense di Google. Il che è un vincolo pesante, per una qualsivoglia startup, specie se europea.

L’altro aspetto che non viene fuori dal dossier, ma che emerge con forza dalle testimonianze dei giovani imprenditori che appaiono in Rete e probabilmente vessa quotidianamente molti di noi nella nostra attività professionale in settori innovativi, è che tutti gli stati europei (ed in questo l’Italia non è un’eccezione vistosa) sono letteralmente prigionieri delle proprie regole e queste, inevitabilmente, fermano l’avvio di progetti imprenditoriali, specie di quelli più innovativi. Questo fa ancora più paura della mancanza di fondi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.