Creatività italiana e Leoni a Cannes

A leggere le cronache da Cannes degli scorsi giorni, il mondo pubblicitario italiano non ha esattamente fatto faville: qualche piccolo bronzo nelle categorie tradizionali, nemmeno un ingresso in shortlist in una categoria come Promo & Activation che per sua natura dovrebbe essere adatta a Paesi low budget/periferici come il nostro.

Già, siamo diventati periferici. La diminuzione drastica dei budget pubblicitari legati alla stramaledetta crisi strisciante da due anni e mezzo ha fatto sì che l'intero mercato italiano della creatività sia con l'acqua alla gola. Calano gli investimenti sui centri media ma crollano ancora di più quelli per chi le campagne dovrebbe crearle.

Intervistando i responsabili Marketing e Comunicazione delle grandi aziende, la risposta è quasi univoca: hanno una fila talmente lunga dietro alla porta di agenti delle concessionarie e account delle agenzie di creatività che qualcuno disposto a fare dumping lo trovano sempre. Persino agenzie importanti vengono via a prezzi di saldo.

La Milano "creativa" di oggi è un po' come la Roma post-boom di Cinecittà, pur senza averne raggiunto gli stessi fasti. Pubblicitari cresciuti nelle agenzie più tradizionali cercano di reinventarsi guru del digital marketing, Manager di altre industry entrano nelle agenzie per avviare inquietanti iniziative di "risanamento" economico.

La proprietà sempre più internazionale delle aziende ha fatto sì che negli anni anche le campagne presenti sul mercato italiano siano diventate sempre più quelle internazionali, eventualmente localizzate alla meno peggio dalla branch italiana; sui settori più innovativi l'offerta è così rarefatta che è difficile trovare storie rilevanti.

A detta di alcuni amici creativi, persino il principio di Peter è superato: semplicemente, nelle agenzie non si cresce più. L'unico sbocco per chi ha qualche anno di esperienza è ripiegare sulla conversione in azienda, sebbene la concorrenza di tanti neolaureati "specializzati" renda impervia anche questa strada di crescita alternativa.

Altro che Leoni di Cannes, qui si sta arrivando al cannibalismo per la sopravvivenza. Chi è fuori guarda il settore con un'aria ancora un po' sognante, chi è dentro vive l'inferno del dover sopravvivere con budget sempre più ballerini. Qualcuno guarda a settori limitrofi come editoria, consulenza e giornalismo. Poi chiude gli occhi.

Il valzer eterno

Omnitel e Infostrada erano nate come costole di un’Olivetti febbricitante, con grandi campagne pubblicitarie e una spinta amichevole da parte delle Società del Gruppo L’Espresso nel presentarle al grande pubblico come le prime vere alternative ai monopoli del Gruppo Telecom Italia. Esattamente l’azionista che poi, sotto la guida di Colannino, avrebbe preso a breve la proprietà di Olivetti e dismesso le società “in verde” per ovvi motivi di libera concorrenza.

Nel frattempo, sempre il Gruppo Telecom Italia elaborava fantasiose sinergie tra tutte le sue attività, concentrando in Seat Pagine Gialle attività eterogenee come ISP, TV, directory, cancelleria. Il passaggio a Telecom Italia Media aveva permesso di razionalizzare un po’ le attività, tra cui MTV Italia, il cui marchio era arrivato in Italia su Rete A, lo stesso canale che negli anni successivi è stato comprato dal Gruppo L’Espresso per diventare Deejay TV.

Così come MTV Italia aveva preso il posto di Videomusic, anche l’altro canale, TMC divenuta poi La7, derivava dall’acquisizione delle attività dal Gruppo Cecchi Gori. L’altra attività televisiva di Telecom Italia, Stream, è andata a farsi benedire confluendo in Sky. Con l’arrivo del satellite prima e del digitale terrestre poi, Telecom Italia Media ha lanciato ulteriori canali, anche se l’audience complessiva è sempre stata minima rispetto ai grandi gruppi televisivi.

Ora si parla di un possibile ingresso del Gruppo L’Espresso nel capitale Telecom Italia Media, per realizzare un polo televisivo con tre canali sull’LCN (La7 è il canale 7 del digitale terrestre, MTV l’ottavo, Deejay TV il nono), alla pari di Rai e Mediaset (ma si parla di una razionalizzazione con cessione di frequenze a Sky/Cielo) e soprattutto con una squadra di conduttori importanti, per la maggior parte di identità politica simile a quella di De Benedetti.

Sarebbe l’ennesimo passaggio di un valzer eterno che negli anni ha visto semi-immobili Rai e Mediaset/Mondadori ma ha visto turbinare il resto del mondo editoriale/Telco. Un polo Telecom Italia Media/L’Espresso/Sky, in tutte le possibili configurazioni alternative, sarebbe l’unico a poter concentrare sufficiente competenze e forza politica per costruire un player significativo in ambito televisivo. Poi l’audience verrà, qualificatissima o di massa, ma arriverà.

La fine ingloriosa del BlackBerry

Basterebbe tornare con la mente ad appena un paio di anni fa, quando i vari modelli di BlackBerry, da quelli più tradizionali ai primi modelli con touchscreen, rappresentavano ancora un must have per Manager di varia levatura, anche e soprattutto quelli più importanti. Una posizione che si era consolidata negli anni e che per anni ha reso RIM invincibile sul target professionale.

Poi piano piano sulle scrivanie dei C-level è iniziato ad apparire l'iPhone. Proprio nei mesi in cui BlackBerry iniziava a inseguire il mass market, perdeva i suoi testimoni più prestigiosi e giù a scendere, se non altro per spirito di emulazione, anche qualsivoglia attrazione nei confronti del middle Management. Una carneficina visibile di mese in mese, di cambio in cambio di terminale.

Oggi gli stoici utilizzatori professionali del BlackBerry son sempre meno. Vengono quasi scherniti dai colleghi passati all'iPhone e da quelli che sentendosi più geek hanno scelto i palmari di fascia alta basati su Android. È più facile vedere dei BlackBerry in mano agli adolescenti in metropolitana, utilizzati soprattutto come spara-SMS. L'ultima campagna TV sembra cercare quest'utenza.

Se qualche anno fa, quando Research in Motion era semi-monopolista nel mondo degli smartphone soprattutto negli Stati Uniti, fosse stata comprata da Microsoft, avremmo visto crescere un mostro importante, capace di sbranare il mondo a furia di e-mail e notifiche. Invece entrambe le aziende hanno scelto strade oblique, soprattutto Microsoft interessata a raccogliere i cocci di Nokia.

Dal punto di vista finanziario, RIM è una società che lascia sempre più perplessi gli investitori, che hanno chiesto interventi drastici al/sul Management. È stata una scommessa giocata al rialzo che un giorno si è sgonfiata, distrutta dalla perdurante arretratezza dei suoi software e dal fascino del design di Cupertino: quelli tra noi con ancora in mano un BlackBerry ormai guardano altrove.