Il Partito Democratico italiano sembra aver preso il peggio dal suo omonimo statunitense, in particolare le lotte intestine che si scatenano puntualmente a ogni ciclo di elezioni, soprattutto nelle primarie. Un florilegio di insulti che si traduce in costi immani e nell’ulteriore lacerazione della fiducia nella classe politica.
Vengono svolte primarie per tutte le occasioni: scelta dei candidati sindaci, scelta del segretario del partito, scelta del candidato premier. Quest’ultima è un’idea particolarmente esotica per l’ordinamento italiano, visto che non è possibile l’elezione diretta e per di più, con le arie di ritorno al proporzionale, piuttosto debole.
Dal punto di vista della comunicazione politica, è scioccante vedere un Fassina che incolpa un Renzi di aver copiato il programma del proprio partito (?), è stancante vedere un Vendola agitare i propri successi di governatore come clava sugli altri candidati, è imbarazzante leggere le battutine isteriche di Renzi sui vari media.
Quale sarebbe l’obiettivo di marketing politico di questa iniziativa? Costruire consenso intorno a un unico leader? Dare visibilità al Partito Democratico, al movimento Nichi-Vendola-centrico e persino al redivivo Partito Socialista Italiano? Ridare credibilità al ruolo dei politici che hanno appoggiato l’esoso Governo “tecnico”?
Qualunque sia l’esito finale di questa maratona politica addirittura a doppio turno, per molti di noi sarà semplicemente l’anticipo di una campagna elettorale, quella per le Elezioni Politiche della prossima primavera, che già si annunciava lunga e intensa senza bisogno di manifestazioni di finta democrazia dal basso.
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