Quando la scorsa estate Gartner aveva sostenuto che non rispondere alle richieste dei Clienti sui social media sarebbe diventato nel medio periodo rischioso quanto e più del non rispondere alle chiamate di assistenza, molti avevano ironizzato sull’ovvietà; poi pochi avevano preso provvedimenti.
Son passati mesi e recentemente si sono tenuti gli ennesimi convegni in giro per l’Europa in cui il Social CRM è stato presentato come una necessità più che come un’opportunità: di case histories davvero rilevanti se ne vedono poche, in termini di player e di utilizzo attivo da parte di utenti e aziende.
I vincoli sono tanti: qualche azienda ad esempio lamenta che è difficile trattare una richiesta rispettando le normative nazionali sulla privacy; ancor di più trattare un lead. L’atteggiamento di molte è orientato nel rispondere alle domande, ma evitare accuratamente di entrare in polemiche e flame.
Manca il coraggio, l’arroganza positiva che soprattutto le società più grandi dovrebbero avere. Aveva colpito molto la dichiarazione di guerra di Israele via Twitter; le società europee non riuscirebbero nemmeno ad affermare con sicurezza le proprie posizioni su argomenti ben più terra terra.
Nella maggior parte dei casi il problema è lo skill shortage, l’aver affidato il presidio dei touchpoint a stagisti e ragazzetti del Contact Center che hanno imparato a fare inbound e magari sono stati costretti con la frusta economica a qualche campagna di outbound; tutt’altra cosa rispetto a esporsi in pubblico.