Privacy a corrente alternata

Quante volte abbiamo visto film polizieschi in cui un poliziotto ricostruisce la vita di un ricercato consultando i suoi tabulati telefonici o in cui fuggiaschi si pentono di aver utilizzato la carta di credito venendo letteralmente seguiti in tempo reale? Sono immagini così frequenti da essere diventate tòpoi di buona parte della narrazione contemporanea, non solo gialla.

Poi è arrivata l’estate 2013 e abbiamo iniziato a strapparci i capelli per il fatto che quelle intercettazioni, quei tracciamenti, avvengono davvero, in particolare negli Stati Unit: proprio la terra in cui quelle storie sono spesso ambientate, proprio il Paese che ora sta inseguendo per il mondo tale Edward Snowden trasformandolo istantaneamente in eroe romantico.

Non dovremmo essere poi così sorpresi per il fatto che basta un motore di ricerca scatenato sui social network per far scoprire ad altri tanto di noi; l’incapacità di gestire correttamente le informazioni personali è infatti talmente diffusa che qualche anno fa persino gli agenti della CIA erano stati rovinati dall’aver preso sotto gamba la potenza del Web.

Piuttosto, ci sarebbe da approfondire l’enorme raccolta di informazioni bancarie che in queste ore sta scaldando i motori in Italia, con pur nobili fini di lotta all’evasione fiscale. Siamo davvero bizzarri: seminiamo tracce in Rete di continuo, ci scandalizziamo per le TelCo cattive che tracciano gli SMS, poi ignoriamo la condivisione di tutti i dati con lo Stato.

Cinema e fiction in TV

Non è stato esattamente un successone il ciclo TuttoDante su Rai2; a causa della sua trasmissione la rete pubblica si è fatta superare persino da Iris. Il che rappresenta un demerito per Roberto Benigni, ma anche un plauso per la rete Mediaset. Evidentemente gli Italiani non sono poi così allergici al cinema in TV come i palinsesti dei canali maggiori sembrano sottintendere da diversi lustri a questa parte; né hanno voglia di vedere solo repliche di Sissi durante il “blackout” estivo.

Certo si dirà che i numeri delle pellicole cinematografiche in TV sono comunque marginali rispetto a quelli delle fiction popolari, la cui forza consiste nel fotografare la realtà quotidiana; ma il cinema in TV è anche esercizio culturale, non solo puro intrattenimento. Dovrebbe capirlo e valorizzarlo l’apposito Ministero, ma al contrario nel settore si parla di possibili tagli al credito d’imposta che a livello nazionale ha sostenuto la maggior parte delle produzioni, con qualche zampino delle TV.

Tra tutte in questi anni si è affermata Sky, che spesso ha preso il ruolo un tempo della Rai di mecenate del cinema d’autore; qualche mese fa i top manager italiani dell’azienda di Murdoch avevano invitato i produttori anche a investire su fiction di qualità, per le quali il confine con le pellicole cinematografiche fosse più sfumato. Rai e Mediaset invece continuano per la loro strada fatta di produzioni spesso mediocri, incentrate più sullo strappare lacrime che sul distinguersi per l’eccellenza.

La necessità di tagliare budget su budget sta peraltro ulteriormente falcidiando il settore; quindi aspettiamoci che l’invasione di pellicole tedesche melense in televisione possa crescere a dismisura, insieme alle repliche delle fiction di maggior successo degli ultimi anni. D’altra parte i Manager penseranno che per gli appassionati di cinema bastano e avanzano i ghetti di Rai Movie e delle sue sorelle private; sulle reti principali solo qualche varietà e soprattutto tanta fuffa. E non solo d’estate.

Il marketing della semplicità

Uno screenshot di MTV.itL’immagine qui a lato è un po’ bizzarra: rappresenta il grande successo internazionale di Get Lucky, la nuova canzone dei Daft Punk, presente nella maggior parte delle classifiche. Ed essendo le classifiche in questione quelle di MTV Italia, fa pensare il fatto che il video della canzone sia una foto di un tramonto sostanzialmente immobile.

I musicisti visti in controluce si animano appena per una decina di secondi, al centro del videoclip. Alcuni canali televisivi europei l’hanno ritenuto troppo noioso e pertanto lo stanno sostituendo trasmettendo mashup creati dagli utenti del Web partendo dallo spot dedicato al nuovo album, contenente immagini del duo con Pharrell Williams.

I canali d’altra parte non potevano non trasmettere il video della canzone dell’anno; un successo planetario, probabilmente non delle dimensioni di quello dell’hit di Psy dello scorso anno, che d’altra parte rappresentava lo stile opposto, visivamente barocco, al contrario dell’essenzialità estrema del video di Get Lucky.

Il ricorso al marketing della semplicità, peraltro per un disco ricco di sonorità eterogenee e sovrapposte, è stato un colpo di genio da parte dei Daft Punk. Impossibile da non notare, nella sua apparente assenza; impossibile non caderci, grazie al motivo trainante e all’eco esponenziale maturata di settimana in settimana.

Irene Etzkorn ha recentemente approfondito come in tempi di crescente complessità possa essere un successo commerciale un servizio no frills, semplificato; i Daft Punk hanno saputo applicare questa nuova legge di mercato alla promozione della loro creatività, insegnandoci che i dischi buoni si vendono, non solo ai fan.