Normalità e sobrietà

Enrico Letta va al Quirinale per ricevere l’incarico di formare un Governo indossando un giubottone sportivo e guidando la sua monovolume privata. I notisti politici esultano per questo suo understatement e lo interpretano come un segno della misura che contraddistinguerà l’Esecutivo.

William e Kate escono dalla clinica e i giornali commentano lui che sistema il seggiolino per il bebè o lei che si comporta come una giovane mamma che ha partorito da poche ore. La folla intorno a loro è in visibilio, contenta che il principino raccoglierà il testimone della monarchia.

Jorge Mario Bergoglio aka Francesco I sale sull’aereo Alitalia con una ventiquattrore e tutti in visibilio come peraltro è stato sin dal giorno dell’ascesa al trono pontificio e dalla scelta del nome, sinonimo di sobrietà. In pochi notano come fossero i predecessori a essere sopra la righe.

I potenti in tutta Europa si comportano come persone “normali” ipotizzando che le persone “normali” apprezzeranno la loro “semplicità” riconoscendo un segno di frattura rispetto ai loro predecessori. La strategia funziona nel breve termine, ma andrà verificata nel medio.

Prima o poi i politici torneranno alle urne e i monarchi dovranno prendere decisioni pesanti. Il credito accumulato nel tempo potrà essere utile per placare parzialmente i malumori, ma solo in quel momento si capirà se il mondo sta davvero cambiando o se sia tutto pura strategia.

Concentrarsi sulle priorità

Il titolo principale di Libero dedicato al pasticcio kazakoQuesto post dovrebbe auto-distruggersi perché è difficile dare ragione a Libero senza pentirsene. Eppure al di là del titolo un po’ grezzo, i dati presentati dal quotidiano sono talmente impressionanti da destare ben più che qualche preoccupazione.

Obiettivamente se è pur vero che lo spread è sceso rispetto al 2011, è tutt’ora alle stelle rispetto a parametri normali; ma soprattutto è l’economia “reale” a spaventare, ancora vittima dei suoi continui circoli viziosi e dannatamente recessivi.

Ma i toni della comunicazione politica, anche molto accesi, sono tutti orientati a rimpallarsi responsabilità reciproche su fatti del tutto marginali per la ripresa delle attività: la storiaccia Shalabayeva-Ablyazov è il culmine di questa distrazione collettiva.

Si posso capire le implicazioni etiche di casi simili, ma è sciocco continuare a ricoprirli di significati politici giusto per creare ulteriore instabilità; allo stesso modo dispiace per gli insulti razzisti ai ministri o preoccupano le spie americane… Ma poi?

Poi siamo ancora in alto mare a livello macroeconomico e ogni giorno che Governo e Parlamento dedicano a questi “casi” è un giorno rubato ad avviare una necessaria botta di vita all’economia. O è tutta una strategia per rimandare i nodi a dopo l’estate?

Addio fiducia nel marketing

Periodicamente The Fournaise Marketing Group vuole far parlare di sé e quindi pubblica delle bombe sul proprio sito che poi inevitabilmente coinvolgono e fanno discutere i markettari di tutto il mondo. Si tratta solitamente di ricerche condotte su top manager di grandi e medie aziende, chiamati a giudicare il lavoro dei loro uffici Marketing o delle Agenzie fornitrici.

Questi erano alcuni findings degli studi dello scorso anno

«80% of CEOs were not very impressed by the work done by Marketers and believed Marketers were poor business performers. CEOs thought Marketers: (1) could not adequately prove the positive business impact their marketing activities had, (2) had lost sight of what their job really was (i.e. to generate more customer demand for their products/services), and (3) were not business performance-obsessed enough. […] 69% of CEOs admitted that over time, they had stopped imposing specific business-focused Key Performance Objectives (KPOs) and Key Performance Indicators (KPIs) for Marketers to achieve.»

E questi alcuni spunti emersi oggi.

«78% of CEOs around the world believe Ad & Media Agencies are not performance-driven enough and do not focus enough on helping to generate the (real and P&L-quantifiable) business results they expect their Marketing departments to deliver. […] 76% of CEOs feel Ad & Media Agencies are not business-pragmatic enough, are too inward-looking, talk too much about “creativity as the saviour” without really being able to unquestionably prove or quantify it, and are often too opportunistic. […] 74% of CEOs think Ad & Media Agencies are too disconnected from the short- and medium-term business realities […] 72% of these CEOs admitted they soon realised Ad & Media Agencies were not as data- and science-driven as they had expected, relied too much on gut-feelings, hearsay, wrong methodologies and questionable information»

L’azienda che pubblica le ricerche si occupa di marketing performance management e inutile dirlo ha in tasca la ricetta per far invertire la rotta alle aziende insoddisfatte grazie a una maggiore responsabilizzazione dei propri Marketing Manager. Pur tenendo in conto questa tara metodologica, comunque, non ci si riesce a meravigliare tanto dei risultati delle indagini.

Chiunque tra noi sia stato in momenti diversi da una parte e dall’altra delle classiche barricate Account Manager vs. Marketing Manager o Cliente vs. Consulente ha probabilmente cambiato idea sulla capacità di agenzie e società specializzate nell’indirizzare correttamente gli investimenti di marketing anche a causa di troppi comportamenti opportunistici, meschini.

L’agenzia fa i propri budget vendendo progetti di comunicazione che stanno in piedi con gli stecchini a Manager insicuri che di conseguenza i budget aziendali non li fanno proprio. Molti hanno iniziato a parlare di “digital” come soluzione misurabile, salvo poi tirar fuori KPI del tutto scorrelati con l’effettivo andamento del business aziendale, col ritorno sugli investimenti.

È indubbiamente un far west e la crisi perdurante esaspera i comportamenti opportunistici; ma è davvero paradossale che non si abbia il coraggio di investire in campagne di marketing pagate sulla base della performance, piuttosto che continuare a rosicchiare centesimi dai costi. Dobbiamo tutti vendere di più, dobbiamo avere il coraggio di metterci in gioco.