Brianza triste, Italia triste

Pare ci sia stata una vera e propria rivolta da parte dei brianzoli nei confronti di Paolo Virzì, colpevole di aver ritratto nel nuovo film Il capitale umano una terra inumana, popolata da poveri arricchiti e ricchi impoveriti dalla crisi pesante che abbiamo vissuto negli scorsi anni, sia sul fronte produttivo che su quello finanziario.

Il film è bello come la quasi totalità di quelli del regista toscano, che riesce sempre a raccontare storie umane in profondità pur nell’alveo ristretto di una storia al cinema; le novità profonde sono il tono giallo/noir e le tre viste diverse sullo stesso plot narrativo, che si sviluppa lungo diversi mesi, tra speranze e rammarichi.

La Padania presentata nel film è fredda dello stesso freddo che stiamo vivendo tutti noi, non solo meteorologico: è uno specchio in miniatura del nostro Paese, con qualche tono più esasperato dal fatto di essere stata una delle locomotive d’Italia e di ritrovarsi oggi stretta dalla morsa di crediti inesigibili e magazzini pieni.

Nel film di Virzì manca quasi del tutto la vena positiva, che pur contraddistingueva gioielli come Ovosodo e faceva capolino nel pur drammatico La prima cosa bella; d’altra parte la scelta è comprensibile, perché non è solo la Brianza a essere triste in questo periodo, lo è tutta l’Italia e lo è purtroppo da troppi anni.

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