Binge viewing

Chi non ha mai provato la sensazione di aver visto un bellissimo film ed essere poi rimasti insofferenti dall’uscita forzata da quel micromondo, da quell’insieme di personaggi che ci hanno talmente coinvolto dal renderci indispensabile correre su Google e cercare più informazioni possibili sulla storia, sulle ambientazioni, sul cast?

Chi non ha mai visto un episodio di una serie televisiva ed è rimasto con l’acquolina in bocca per sapere quali saranno gli sviluppi del plot? Senza cadere nella trappola degli spoiler, ma proprio con la volontà di rituffarsi subito nello sviluppo orizzontale o scoprire nuove avventure in quello verticale, magari non la settimana dopo?

Quanti di noi da ragazzini si divertivano a leggere due-tre albi di fumetti tutti in una volta, impiegando ore per vedere le avventure dell’eroe preferito svilupparsi di pagina in pagina? O un po’ più cresciuti si sono dedicati a maratone a base di Signore degli anelli, I love shopping, Harry Potter a seconda di gusti, età e interessi?

Il binge viewing tanto di moda oggi è la risposta a tutte le domande. Non è difficile ritrovarsi volutamente a mettere da parte intere stagioni di serie televisive e poi dedicare maratone, soprattutto nei weekend, per vederle tutte di filato, come vere e proprie immersioni profonde in mondi paralleli, di natura comedy o drama.

Sembra che anche i produttori stiano iniziando a ragionare su questo fenomeno e così non sorprende tanto la notizia che House of Cards, la nuova serie con Kevin Spacey prodotta da Netflix, sia stata rilasciata al giorno uno in tutti i 13 episodi: le aspettative sono alte e il modello funzionerà sulle stagioni successive, per i veri drogati.

Alta velocità, lenti lavori

Quando nelle scorse settimane sono apparsi questi cartelloni nella metropolitana di Milano, più di qualche pendolare stremato dall’attesa avrà notato il numero elevato di fermate citate: così a occhio, il grafico ha tirato in mezzo anche quelle che non ci sono ancora e forse un giorno arriveranno, sulla linea 5. Avrebbe potuto mettere anche tutta la linea 4, quella boicottata dalle lobby che non vogliono che la metropolitana arrivi a Linate.

Polemiche locali a parte, lo svarione di Tim fa sorridere perché la stessa lentezza che contraddistingue i lavori che dovrebbero consentire ai treni di sfrecciare sotto terra si può riscontrare nel setup delle infrastrutture che dovrebbero permettere la navigazione su Internet a velocità interessanti sia dal fisso che in mobilità. Lavori che si direbbe siano ripartiti, dopo anni in cui la fibra ottica sembrava un tabù e il 3G arrancava in provincia.

Scorrendo gli archivi di questo blog (dieci anni servono a qualcosa) si trova più volte riferimento alla rabbia sull’equazione xDsl = alta velocità; solo la necessità dei principali player wireline di costituire asset difendibili (leggi ad esempio l’infinita diatriba sullo scorporo della rete tradizionale da Telecom Italia) e aumentare l’ARPU stanno pian piano facendo ripartire le ruspe, che comunque si scontrano con forti resistenze sul territorio.

Il NIMBY si vede poi ancora più forte guardando la lentissima copertura LTE: le antenne per la telefonia mobile non le vuole nessuno, nemmeno quelli che poi si lamentano di non poter vedere i video in mobilità. I terminali ormai non mancano, eppure molti di noi hanno semplicemente spento l’opzione sullo smartphone o sul tablet: tanto funzionerebbe solo nel centro di alcune grandi città, non dove servirebbe davvero, di qualità.

È evidente che nel giro di qualche lustro tutto ciò sembrerà ridicolo, ma per ora stiamo bruciando opportunità di crescita economica per il nostro egoismo. Ci godiamo senza problemi le emissioni delle antenne televisive rapidamente riconvertite al digitale (segno che quando lo Stato crede in un cambiamento strutturale lo fa senza ritardi), ma non accettiamo che qualche strada venga bloccata per qualche settimana per essere cablata.