Troppi marchi di pasta?

Guai a toccare agli Italiani la pasta. Dopo le ondate di malumore collettivo lo scorso anno per l’affaire-Barilla, ora tutti hanno richiamato alla mente lo slogan “Silenzio, parla Agnesi” per scagliarsi contro Colussi, colpevole di voler chiudere uno stabilimento che zoppica da decenni.

Peccato che pochi di loro abbiano comprato la pasta col veliero in questi anni in cui trionfavano nuovi marchi di qualità come Garofalo, che ora a sua volta è sulla bocca degli specialist perché promessa in sposa agli spagnoli a causa di forti debiti bancari nonostante il successo.

Per salvare Agnesi oggi si parla di diversificare nei sughi, ma l’idea è già stata proposta anche pochi mesi fa per il rilancio di Antonio Amato e un anno fa per La Molisana. De Cecco già da tempo ha cercato di diversificare anche producendo dolciumi, ma non sono chiari i reali ritorni economici.

Il rilancio dello stabilimento Agnesi è piuttosto difficile, anche considerando l’altra fabbrica a Fossano. Gli operai di Oneglia stanno organizzando una manifestazione contro la dismissione del pastificio o la possibile cessione alla campana Rummo, che qualche giornale ha addirittura definito “gigante”.

La verità è che tutti questi produttori italiani sono nanerottoli e solo la Barilla riesce a competere a livello mondiale. Per gli altri non rimane molto spazio, nel momento in cui chi se lo può permettere compra pasta artigianale e chi non può compra le private label. Proprio quelle prodotte da Agnesi e Rummo.

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