Più che il tumore potè la malainformazione

Probabilmente la notizia era troppo ghiotta per passare inosservata; un titolo a effetto veniva gratis e molte testate, sia online che cartacee, ne hanno approfittato. Sebbene i risultati pubblicati su Science fossero come sempre molto più complessi, i giornalisti li hanno sintetizzati con titoli come “Tumori, la ricerca shock: ne causa più la sfortuna che lo stile di vita” e similari.

Impossibile non cliccare: da un lato siamo tutti piuttosto spaventati dal cancro, che nelle sue mille declinazioni continua a essere la malattia più misteriosa e spesso incurabile; dall’altro quelli che tra noi adottano comportamenti da sempre ritenuti dai medici “a rischio”, aspettavano la notizia da rinfacciare agli amici alla prossima lamentela o suggerimento “antipatico”.

Qualche giornale più serio ha provato a chiedere conto ad altri ricercatori o sfoderare ricerche che arrivavano a conclusioni opposte, qualcuno ha detto che per “caso” si può intendere anche “fenomeno con valenza scientifica ma che non riusciamo ancora a spiegare razionalmente”. Ma il fatalismo ci piace tanto e i giornalisti sanno come solleticarlo per farci cose da irresponsabili.

Erano anni che medici e ricercatori scientifici si dedicavano a stilare classifiche delle cose da evitare o delle buone azioni quotidiane; ora in un sol colpo molti hanno rimosso la cautela: “se deve succedere…” “tanto…” “dicono che è un caso…” e così via. Non è solo un effetto immediato: tra mesi, forse anni, qualcuno citerà la ricerca a giustificare i propri comportamenti infelici.

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