Nostalgia di Expo 2015

Da alcuni quartieri di Milano stasera era possibile vedere in lontananza i fuochi d’artificio per la chiusura di Expo 2015. Qualcuno tirava un sospiro di sollievo pensando ai treni della metropolitana che torneranno a svuotarsi; qualcun altro già si lamentava del ritorno “alla provincia” di un capoluogo che per qualche mese si era sentito “internazionale”.

In effetti qualcosa di Expo 2015 ci mancherà: la possibilità di avere delle finestre aperte sul mondo a pochi chilometri da casa, un sistema adeguato di trasporti pubblici, alberghi e ristoranti pieni di facce diverse. Nonostante le paure degli scorsi anni, alla fine bisogna riconoscere alla manifestazione di aver smosso per bene le acque negli ultimi mesi.

Allo stesso tempo non ci mancheranno i padiglioni sempre pieni, alcuni ristoranti interni a dir poco mediocri (ma con prezzi crescenti di mese in mese), il cattivo spirito di parte dello staff, probabilmente stremato da stipendi bassi e turni estenuanti. Tutti elementi che sarebbe interessante valutare in confronto ad altre manifestazioni simili in giro per il mondo.

La nostalgia per Expo 2015 la sentiremo comunque soprattutto nei prossimi mesi: quando la stazione dei treni non verrà più servita dai Frecciarossa (peccato, era comoda), i padiglioni inizieranno a cadere a pezzi e tutta l’area diventerà un lugubre ricordo di ciò che è stato. Qualcuno già dice che Sala su quella nostalgia ci costruirà una carriera politica.

Grom diventa grande

Quanto poteva durare Grom da sola? Quanto poteva ancora crescere la parabola, negli anni comunque esplosa fino a coprire oltre 60 punti vendita nel mondo, restando un’aziendina italiana fondamentalmente in mano ai fondatori, al netto di qualche piccola quota in mano a terzi?

Finire nel Gruppo Unilever, mostro da quasi 50 miliardi di fatturato, tutto sommato è stata la chiusura naturale di quella parabola; non bastavano più l’amicizia, il gelato e i fiori (per riprendere gli ingredienti di uno dei libri sognanti dei fondatori) per crescere ancora, diventare “grandi”.

La qualità dei gelati Grom si è nel tempo mantenuta adeguata; al di là della facile retorica dei detrattori nel non definirli “artigianali”, i prodotti del dinamico duo Martinetti-Grom hanno permesso all’intero settore di riposizionarsi verso l’alto, con marginalità un tempo sconosciute.

Ora non è difficile immaginare che Grom seguirà la strada di Häagen-Dazs diventando un marchio globale; in fin dei conti è pur sempre una sorta di “democratizzazione” di un prodotto italiano un tempo wannabe-di nicchia. Sono altri i marchi che abbiamo perso e dovremmo rimpiangere.