Grom diventa grande

Quanto poteva durare Grom da sola? Quanto poteva ancora crescere la parabola, negli anni comunque esplosa fino a coprire oltre 60 punti vendita nel mondo, restando un’aziendina italiana fondamentalmente in mano ai fondatori, al netto di qualche piccola quota in mano a terzi?

Finire nel Gruppo Unilever, mostro da quasi 50 miliardi di fatturato, tutto sommato è stata la chiusura naturale di quella parabola; non bastavano più l’amicizia, il gelato e i fiori (per riprendere gli ingredienti di uno dei libri sognanti dei fondatori) per crescere ancora, diventare “grandi”.

La qualità dei gelati Grom si è nel tempo mantenuta adeguata; al di là della facile retorica dei detrattori nel non definirli “artigianali”, i prodotti del dinamico duo Martinetti-Grom hanno permesso all’intero settore di riposizionarsi verso l’alto, con marginalità un tempo sconosciute.

Ora non è difficile immaginare che Grom seguirà la strada di Häagen-Dazs diventando un marchio globale; in fin dei conti è pur sempre una sorta di “democratizzazione” di un prodotto italiano un tempo wannabe-di nicchia. Sono altri i marchi che abbiamo perso e dovremmo rimpiangere.

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