Possibilisti di moda

Si tratta di uno dei tormentoni più in voga negli ultimi anni e ne siamo tutti afflitti, come sempre avviene per le frasi di moda in un determinato periodo storico: in questi mesi, rispondiamo abitualmente “Ci può stare” sempre più spesso, in qualsiasi contesto. Lo facciamo sul lavoro, esprimendo un parere magari meno netto di un lineare “Sì, va bene”, ma anche nella vita privata, discettando del più e del meno. Un gruppetto di parole che è diventato una polirematica, un’espressione entrata nel linguaggio che però denota un atteggiamento verso la vita che tutti abbiamo assunto, almeno un po’: comunicare il possibilismo come mediazione tra certezze sfumate e negatività che si possono risolvere. La politica, come prevedibile, difficilmente poteva lasciarsi sfuggire questo fenomeno.

L’idea di concedersi delle possibilità, di ampliare gli orizzonti rispetto a subire decisioni, sin dal 2007 è stato il tema dominante di Barack Obama, che ha stregato il mondo col suo ormai storico «Yes, We Can». Un incitamento al possibilismo declinato in gesti simbolici, immagini, video, audio: una girandola di buone intenzioni suffragate da un senso della possibilità concentrato in tre parole verso il burocratismo imperante dei candidati concorrenti. Un messaggio semplice, dalla forza comunicativa dirompente, proprio per il suo essere onnicomprensivo: se il mondo impone vincoli, Mr. Obama ha la bacchetta magica per superarli. O, almeno, convince i suoi potenziali elettori di averla e di saperla gestire nel migliore dei modi.

In Italia la fase possibilista della politica l’ha inaugurata Mario Adinolfi, quando era candidato a leader del Partito Democratico in occasione delle ultime Primarie e non un qualsiasi candidato alla Camera del PD stesso. Gli spin doctor del suo partito hanno ripreso lo slogan «Si può fare», che è diventato senza dubbio il messaggio chiave della campagna elettorale di Walter Veltroni. Non un atto immenso di originalità, bisogna dire: in Italia nessuno ricorderà lo sforzo creativo di Adinolfi che utilizzava la celebre canzone di Branduardi come inno, però tutti sono sensibili al fascino di Barack Obama e molti non perdonano a Veltroni di non essere riuscito a trovare elementi veramente innovativi nella sua comunicazione elettorale.

Nelle stesse settimane in cui Coop ha iniziato a diffondere a spron battuto il suo nuovo slogan «Tutti insieme si può, basta andare alla Coop», la base del Partito Democratico ha adottato la forza possibilista del proprio leader come fulcro della propria attività elettorale, nell’ambito di una impresa a dir poco impossibile, visto lo scarto iniziale dalla concorrenza. Anche il tanto discusso video I’m PD va in questa direzione: il testo è inascoltabile e i riferimenti gratuiti a Dini e Mastella si potevano evitare, ma lo spirito possibilista appare in tutta la sua forza. In fin dei conti, in questo senso il Partito Democratico italiano sta interpretando al meglio i sentimenti di chi passa le giornate a dire “Ci può stare” o “Si può fare”. Un po’ di originalità comunicativa in più, però, non guasterebbe.

Virtualizzare la lingua

Annunciato qualche giorno fa a Roma, il “Tesoro della lingua italiana delle origini” è un’iniziativa importante per la cultura italiana: si tratta di un corposo dizionario storico della lingua italiana, contenente già 15.000 voci ed in piena evoluzione. La consultazione è gratuita ed è di grande valore per cultori della materia e non: sebbene alcuni dettagli siano ostici per i novizi, la possibilità stessa di poter interagire col corpus è un bel regalo per tutti noi. Se si considera che è un progetto iniziato nel 1965, si può capire la rilevanza dell’evento.

Quasi contemporaneamente, l’Accademia della Crusca ha presentato la “Lessicografia della Crusca in Rete”, altra iniziativa ambiziosa che si fregia della collaborazione della stessa Opera del Vocabolario Italiano madre del TLIO. In questo caso, il Progetto (per gli amici “Cruscle”) si occupa di portare in Rete il contenuto delle varie edizioni del Vocabolario degli Accademici: da una parte, la possibilità di sfogliare virtualmente i volumi digitalizzati; dall’altra, l’accesso diretto alle voci tramite un motore di ricerca dedicato.

In entrambi i casi, l’apporto del CNR è fondamentale: si tratta di progetti che prevedono risorse ridotte ma che risultano importanti per il loro ruolo nello sviluppo della conoscenza della lingua italiana degli esordi. Probabilmente, si sarebbe potuta adottare una strategia di comunicazione migliore per differenziare i due lanci di agenzia, che si sono accavallati sui giornali a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro: in ogni caso, si tratta di iniziative che dovranno incontrare da una parte il sostegno degli studiosi e dall’altra l’interesse dei navigatori per poter continuare ad essere seguite.

Il rischio, testimoniato dal link di richiesta del 5 per mille nell’home page dell’OVI, è che i fondi vengano tagliati e quanto iniziato rimanga incompiuto o peggio svanisca nel nulla. Passi qualche ingenuità tecnologica, a patto che si continui a lavorare nella giusta direzione. L’importante, infatti, è che le istituzioni più alte abbiano capito l’importanza del pubblicare in Rete al fine di minimizzare gli investimenti e massimizzare la diffusione: la carta, in questi casi, non è proprio il supporto migliore.

Qual è la lingua dei bimbi europei?

La copertina del libro edito da La RepubblicaIn edicola in questi giorni con La Repubblica c’è Titeuf, l’ennesimo volume della serie oro dei fumetti che negli ultimi mesi ha raschiato il fondo. Titeuf, invece, è effettivamente un prodotto di punta del mondo fumettistico francese, che è uno dei principali nel mondo.

Edite da Glénat, le (dis)avventure di Titeuf sono diventate lo specchio fedele della preadolescenza di metà Europa: fotografando in modo ironico le mille difficoltà di chi cresce e scopre il mondo, recuperano la tradizione d’autore francofona innovandola con un linguaggio crudo ma iper – realistico.

Titeuf ed i suoi amici, in effetti, hanno pochi peli sulla lingua: ascoltando dagli adulti espressioni gergali e volgarità e le rielaborano per comunicare tra loro, con ovvi esiti esilaranti che però, ad un lettore attento, offrono molti spunti di riflessione. Ci sarebbe da chiedersi cosa può cogliere un bambino dell’ironia di Titeuf: un adulto, al contrario, coglie tutte le allusioni (spesso di carattere sessuale) che il mondo del personaggio ci rappresenta.

Che dopo molti milioni di album venduti i bambini francesi ora parlino come Titeuf è abbastanza scontato: ma sfugge forse il fatto che è il personaggio stesso ad aver mutuato dalla realtà metropolitana in cui le sue storie sono ambientate lessico e modalità di espressione. Che siano arrabbiati o felici, i bambini europei sono molto più espliciti dei loro genitori: media o non media, la realtà è cambiata.

Les merveilles du mercatique Français

L’ordinateur, con il suo système d’exploitation ed i suoi logiciels, lo conoscono un po’ tutti: nessuna sopresa nemmeno per il “Démarrer” al posto dello “Start” di Windows. In fondo, anche in Italia Windows 95 e 98 avevano il tasto “Avvio”, prima della campagna pubblicitaria internazionale che proprio del tasto “Start” faceva il motore di un mondo di immagini, suoni, etcetera etcetera.

Un po’ meno conosciuti sono gli altri termini tecnici dell’economia, della scienza e della tecnologia, tradotti ufficialmente da una Commissione Governativa il cui unico compito è, appunto, far da sentinella all’entrata di tali termini nella lingua quotidiana francese. Peccato per i milioni di blogger francesi che sono stati “condannati” a cambiar nome ai loro strumenti di comunicazione.

I bloc, d’altronde, sono una realtà felice in Francia ed in gran parte dell’Europa, Italia compresa: essendo il segno più evidente del “trionfo del passaparola”, difficilmente hanno bisogno di campagne pubblicitarie o promozionali, soprattutto di carattere internazionale. Al tempo stesso, sono redatti solitamente nella lingua madre del tenutario: sembrerebbero fuori, dunque, da ogni possibile preoccupazione di marketing (anzi, di mercatique) internazionale. Nessuno avrà la voglia di forzare un cambiamento come nel caso della Microsoft alle prese con l’Europa.

Questa decisione cultural – politica, con tanto di pubblicazione sulla gazzetta ufficiale, scava tuttavia un ulteriore scalino nella direzione dell’isolazionismo culturale francese, ormai ampiamente esteso anche ai nuovi mondi della comunicazione. Mentre gli spammer ricorrono al latino per sfuggire ai controlli linguistici sul contenuto dei messaggi, i francesi sfuggono (involontariamente) dalla condivisione delle informazioni: cosa succederà quando tutti i tag (chissà come si dirà in francese) saranno scritti ognuno nella propria lingua?

Semplice, avremo tante conversazioni interrotte: nessuno vuole un Web anglocentrico, ma i compromessi devono essere sottoscritti da tutti. Altrimenti, c’è poco da meravigliarsi del probabile insuccesso della Costituzione Europea in Francia: se si è sicuri di essere una spanna sopra tutti gli altri (cosa tra l’altro vera in molti campi della multimedialità), non si avrà nessuna voglia di comunicare con il resto dell’Europa. Perché condividerne le strutture politiche e sociali, a quel punto?

Selezionatevi un interprete, piuttosto

Qualche mese fa la maggior azienda europea di lavoro interinale ha lanciato una mega campagna di recruitment interno, per il mercato italiano. Uno degli step essenziali per andare avanti nel processo, che viene seguito a livello nazionale, è la compilazione, via Web, di tre test: inglese, Excel 2000 (nuovo, eh), Word 2002.

Questi due ultimi test, in particolare, sono evidenti traduzioni dall’inglese. Traduzioni penose, verrebbe da dire. Ecco, ad esempio, l’accoglienza di quello relativo ad Excel…

«La vostra prova è in una disposizione di multiplo-scelta. Sarete presentati con parecchie risposte possibili per ogni domanda; legga prego con attenzione ogni domanda prima della risposta esso. Selezioni la risposta migliore a partire dalle scelte date. Se la risposta che pensate fosse corretta non è offerta, non seleziona la risposta più corretta a partire dalle scelte disponibili. Accertisi prego che la risposta voi prescelti sia la vostra risposta finale prima di continuare alla domanda seguente.

Il sistema difficile nota la vostra prima risposta soltanto! Una volta che avete passato verso una nuova domanda della prova, non siete permessi andare indietro e cambiare c’è ne risposte precedentemente presentate. Il salto delle domande non è permesso. Se siete incerti quanto alla risposta corretta, presenti prego la vostra congettura migliore.»

Imbarazzante, non c’è che dire. I test appaiono molto più difficili del previsto perché, semplicemente, le traduzioni delle risposte sono in pessimo italiano o addirittura sbagliate. Altro che comunicazione interna, employment branding ed altre aspirazioni da multinazionali: le aziende europee dovrebbero prima iniziare a parlare le lingue straniere, come i bambini che vanno alle scuole elementari, non all’università.