Lo sport nazionale non è il calcio

Tutti gli italiani stanno rigorosamente esprimendo il proprio parere sulla Grande Punto, la nuova auto popolare di Fiat. Una volta, in particolare, lo sport consisteva nel comparare pregi e soprattutto difetti della nuova auto di turno con quelli delle più blasonate case europee e mondiali, salvo poi andarla a comprare vista l’incomparabile economicità. Oggi, che di auto economiche è pieno il mercato, lo sport consiste soprattutto nel discutere la strategia di comunicazione di volta in volta utilizzata, salvo poi comprare un’auto straniera a rate.

Strategia di comunicazione che, si badi, non è messa in discussione solo da esperti del settore, ma dall’uomo della strada che ormai di termini come target, marketing e media sente parlare a destra e a manca ed inevitabilmente si sente propenso a dire la sua. Così a commenti positivi di guru come Stefano Hesse si potranno contrapporre milioni di pareri individuali di cittadini italiani che sono in dubbio sul fatto che debbano o meno dimostrare il loro patriottismo con l’acquisto dell’ingombrante utilitaria e nel frattempo si esercitano nel lancio del giavellotto contro il parabrezza.

In realtà, l’unica auto che si pregia di essere “Grande” (?) in un mondo di city car – scatoletta, è stata lanciata in maniera non dissimile da ciò che avvenne una quindicina di anni fa con il lancio della Punto originale. Chi rileggesse oggi Paso Doble di Culicchia, troverebbe la descrizione fedele delle vetrine torinesi infestate di patriottica oggettistica Punto, esattamente come avviene oggi per le strade sabaude. In un clima di chiamata alle armi, per la campagna televisiva non si poteva che scomodare il reuccio del populismo musicale italico e come testimonial non si poteva non ricorrere alle icone dell’Italia che fu.

Che ci sia stato dietro uno sforzo notevole, è evidente ed apprezzabile. Per il bene di operai ed impiegati sparsi per l’Italia, è da augurarsi che anche stavolta la Fiat sopravviva ai detrattori che prevedono l’ennesimo flop di mercato. Nel frattempo magari assisteremo ad ulteriori attività fantasiose di Lapo e soci: l’importante pare sia promuovere il brand. Speriamo sia utile perché, a tendere, qualsiasi attività di marketing e comunicazione commerciale non deve perdere di vista il suo prosaico obiettivo reale: vendere.

4 pensieri su “Lo sport nazionale non è il calcio

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