Il PC muore dopo (almeno) 25 anni

Il Mondo festeggia l’IBM per il venticinquesimo anniversario di uno dei suoi più celebri calcolatori, quel 5150 che uno Charlot sui generis pubblicizzò per diverso tempo come irrinunciabile, primo ed indispensabile Personal Computer della storia. Più o meno un falso storico, visto che persino PCWorld, nel festeggiare l’evento, pone al top della classifica l’Apple II, nato diversi anni prima. Innegabile, comunque, che i successivi cloni dei sistemi IBM hanno segnato per tutti noi il paradigma del PC in senso stretto.

Paradigma che oggi è pressoché del tutto superato: di cassettoni rumorosi con monoscopi sopra se ne vedono sempre meno, per il bene dei nostri occhi e del nostro spazio vitale. Prevalgono ovunque i notebook, anche nel mondo Apple che grazie alla bellezza delle sue macchine sembrava essere un’oasi per gli amanti dei PC da scrivania. In un panorama tecnologico sempre più wireless, d’altronde, persino i cavi di alimentazione dei PC portatili appaiono di troppo. L’IBM stessa di PC non ne produce più ed è ormai un grande settore del mondo consulenziale più che un produttore di tecnologia.

Sorge il dubbio che, in realtà, non sia solo il PC come hardware “classico” ad essere superato, ma l’intero concetto di PC fine a sé stesso: per la maggior parte degli utilizzatori, il fine principale non è più quello di venti anni fa. Non si tratta più di utilizzare uno strumento per l’aumento della produttività individuale a mo’ di sostituto di calcolatrice e macchina da scrivere, quanto della principale porta di accesso al mondo delle (tele)comunicazioni: l’apparato che utilizziamo più spesso è ormai il modem, molto più di periferiche classiche come la stampante o altri strumenti che apparivano fondamentali appena qualche anno fa.

Il PC “che comunica” è più un ibrido di telefono, televisore ed impianto hi-fi che un reale pronipote del cubettone di Charlot. Entrano le onde della TV, escono CD contenenti musica e foto, entrano i filmati attraverso la videocamera digitale, escono microscopiche schedine di memoria contenenti quantità di dati un tempo persino inimmaginabili. Tutto ciò sempre più miniaturizzato e sempre più trasportato sulla versione moderna del nostro principale strumento di lavoro quotidiano: non più PC e notebook, ma palmari e smartphone. Leggeri e potenti: finalmente, veramente “personal”.

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