Le Banche italiane e la gestione del naming

Non sembra ricevere grande eco la notizia, pubblicata ufficialmente stasera ma già nell’aria da qualche giorno, della fusione tra il Gruppo Banche Popolari Unite e il Gruppo Banca Lombarda e Piemontese. Risulta strano, visto che il Gruppo finanziario che ne verrà fuori sarà sicuramente tra i più rilevanti del Paese, in termini di numeri di sportelli e volume di affari gestito. Eppure c’è da scommettere che se investitori istituzionali e trader dedicheranno attenzione alle mosse dei due titoli da qui sino al momento della fusione, al contrario i giornalisti non economici e i clienti finali terranno in scarsa considerazione l’annuncio.

Il motivo sta nel fatto che, contrariamente ai recenti casi di SanPaolo – Banca Intesa e del takeover sulla Banca Popolare Italiana, i soggetti interessati questa volta sono meno conosciuti come gruppi, mentre sono molto note a livello locale le loro banche reti: i lombardi conoscono bene realtà come la Banca Popolare di Bergamo, il Banco di Brescia o la Banca Popolare Commercio Industria, così come calabresi e pugliesi vedono in Carime la loro principale banca. In tutti i casi citati, al contrario, l’appartenenza ai gruppi viene tenuta in scarsa considerazione o ignorata.

Non è che gli altri attori del mondo popolare siano molto più conosciuti. Pochi si interessavano di Banca Popolare di Lodi o di Banca Antoniana Popolare Veneta, prima che vivessero la stagione degli scandali; solo gli addetti ai lavori ancora oggi comprendono la rilevanza del Banco Popolare di Verona e Novara, al di là della fusione con BPI. Il modello federativo scelto dai principali gruppi popolari, da quello veronese a quello bergamasco a quello bresciano, premia l’identità locale delle banche, ma fa fatica a far comprendere ai clienti la rilevanza dei relativi gruppi, ormai di gran lunga superiore a quella di nomi più noti come Capitalia, BNL, Montepaschi.

Bisognerebbe capire perché, sebbene nell’ultimo quindicennio le fusioni non siano mancate, ci sia stata così scarsa attenzione a valorizzare i nomi delle Banche rete e dei gruppi risultanti. L’unico caso realmente vincente è stato quello di UniCredit: intorno allo storico Credito Italiano le Banche reti fuse, seppure rilevanti (basti pensare a CRT o CariVerona), si sono amalgamate in un progetto dall’identità chiara e condivisa dalla clientela. Si potrebbe dire altrettanto di Banca Intesa: tuttavia le due banche di partenza erano poco note a livello nazionale ed è difficile perdonare a Passera & C. l’uccisione del marchio Banca Commerciale Italiana, che sarebbe stato ottimo per una rete Private o Corporate.

Recentemente è stato annunciato che il nome del nuovo gruppo torinese-milanese sarà Banca Intesa San Paolo. Tanta perplessità sulla scelta, ma soprattutto apprensione verso il destino del marchio di Piazza San Carlo: tutti hanno visto Banca Intesa BCI (chissà perché pronunciata da tutti bi-si-ài) diventare nuovamente Banca Intesa. Anche AntonVeneta ha perso lo sua identità, perdendo lo status di Popolare nel nome e vedendo apparire sulle sue insegne vistosi loghi di ABN Amro. Ora rimane da rendere nota la strategia di branding dei gruppi risultati dalla fusione BPVN – BPI e da quella BPU – BPLP.

Si intravvede già, se è possibile dirlo, un vizio di egoismo: un nome come Banca Popolare Italiana va benissimo per un’aggregazione di Banche Popolari, ma è evidente che BPVN non accetterà mai di prendere il nome della sua preda. Analogamente, Banche Popolari Unite è un altro bel nome per unire sotto lo stesso cappello le 10 Banche Rete del Gruppo nato stasera, ma i manager del Gruppo bresciano si opporranno strenuamente ad accettare il nome della controparte. Così, altri due bei nomi sinonimi di coesione finiranno nel dimenticatoio, i timidi processi di aggregazione andranno persi e i nomi delle banche locali trionferanno ancora una volta. In attesa della fusione successiva.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.