Aspettando la “nuova” Microsoft

I blogger europei si stanno accodando a quelli statunitensi nel discutere l’ultima iniziativa di Microsoft per promuovere il lancio di Windows Vista presso il pubblico consumer: inviare ai blogger tecnofili più stimati oltreoceano dei portatili sui cui effettuare dei test sul nuovo sistema operativo e poterne quindi riferire i risultati al pubblico del proprio blog. Come racconta Luca Conti, le posizioni sono a dir poco variegate: da un lato i blogger che reclamano di essere abbastanza indipendenti da poter accettare qualsiasi tipo di regalo, dall’altro i lettori che guardano con sospetto ad iniziative simili.

Microsoft in realtà non è affatto nuova a questo tipo di iniziative: Mantellini ricorda i benefit a lui dedicati dall’azienda di Redmond, così come dai suoi concorrenti. La pratica, d’altra parte, è a dir poco pluridecennale: le pubbliche relazioni di matrice statunitense fanno un largo uso di doni, campioni gratuiti ed altre amenità nei confronti dei propri stakeholders e soprattutto dei giornalisti. Ciò che differenzia l’iniziativa di Microsoft da quelle dei concorrenti è probabilmente nel fatto che, essendoci di mezzo la “solita” Edelman, i bloggari statunitensi hanno ricevuto molta più attenzione che in qualsiasi altra campagna similare.

Ciò che attendiamo con ansia nei prossimi mesi sono le prove su strada dei nuovi prodotti, Windows Vista ed Office 2007 in primis, per scoprire in cosa la “nuova” Microsoft ha investito così tanti anni. C’è da dire l’ampia diffusione della Beta 2 della suite, ha mostrato un prodotto finalmente innovativo rispetto alle “limature” che hanno rinnovato i prodotti dalle versioni dei primi anni Novanta alla 2003. La Microsoft sembra essersi fatta decisamente più furba e meno arrogante: la vicenda della funzonalità “Save as Pdf”, sparita già nel Technical Refresh della Beta 2 e poi riapparsa come plug-in, è un esempio del nuovo approccio “quick win” verso concorrenti e mercato finale.

Anche un prodotto come Internet Explorer 7 rappresenta un buon esempio di un nuovo occhio verso le esigenze degli utenti. Sebbene siano state commesse improbabili ingenuità (come togliere l’Alt+D per accedere alla barra degli indirizzi o l’aggiungere il suffisso localizzato invece del .com alla pressione del Ctrl+Invio), la grande attenzione verso gli RSS ed un tentativo (forse non riuscitissimo) di lavorare su filtri anti-phishing sono un buon segno di apertura verso un mercato dell’informatica in forte cambiamento. Ed ora, perfavore, inviate un portatile a tutti i milioni di blogger del mondo, così nessuno avrà più da accusare l’altro di essere un venduto.

Buon Natale con Lino Banfi

Il regalo natalizio del sempre eccellente Mauro Lupi è stato veramente bizzarro: ieri ha infatti annunciato la nascita del blog di Lino Banfi. In questi giorni, effettivamente, sono apparsi i primi post del celebre attore di origine pugliese, che narrano di ricordi cinematografici e di presente televisivo. I post sembrano un po’ troppo elaborati, a dire il vero, per essere stati prodotti in prima persona da Mr. Zagaria: testi scritti in maniera elegante e video allegati ai post, segni evidenti che l’autore materiale dei post non è l’attore, quanto una redazione di professionisti. Poco importa, comunque: i blog delle celebrità italiane, di solito, hanno sempre questa caratteristica.

Nel segno del blog, dunque, si conclude questo anno di Lino Banfi, che soprattutto in questi ultimi mesi è stato ancora una volta al centro dell’attenzione di tutti gli italiani. Sono lontani i tempi difficili della gavetta: ora ogni azione di Lino Banfi ha un’eco mediatica sensibile e lui, accortosene, non fa altro che premere su questo credito per ottenere sempre più attenzione. In questo, c’è da dire, è un maestro per molti personaggi dello spettacolo, che non sono riusciti ad innescare spirali altrettanto positive in termini di notorietà. Banfi è infatti riuscito a mantenere i fan dei tempi della commedia sexy ed integrarli con quelli, di tutt’altra pasta, ottenuti con i successi di Un medico in famiglia e delle altre fiction degli ultimi anni.

C’è da dire, in suo favore, che molta di questa notorietà l’attore l’ha anche indirizzata verso iniziative di natura benefica: verrebbe da dire che è probabilmente il Goodwill Ambassador dell’Unicef più attivo tra quelli italiani. Persino quando durante gli ultimi mesi la grande maggioranza dei cattolici italiani gli si è scagliata contro, il suo forte coinvolgimento nella promozione del film per la TV Il padre delle spose gli è valso il riconoscimento del mondo progressista in termini di paladino dei diritti civili, persino da parte di quel centrosinistra cui lui non sembra abbia mai dimostrato troppa simpatia.

In fin dei conti, in un Paese che ha già perso i suoi Tognazzi, Gassman, Sordi, c’è ancora spazio per Lino Banfi, sia in versione drammatica che comica. Non dispiacerebbe, forse, vederlo un po’ più in quest’ultima veste, che comunque più gli si addice. E se invece continuerà a perseverare nel ruolo di Nonno Libero, pazienza: almeno ora potremo spiare i suoi pensieri sul blog. Speriamo che lo mantenga aggiornato: difficilmente avrà mai i 2.000 commenti a post di Beppe Grillo, visto che difficilmente si schiererà in maniera altrettanto schietta; ma se ci racconterà i suoi ricordi come fanno altri suoi colleghi, sarà comunque divertente leggerlo.

Il personaggio del 2006 sei tu, anzi voi, anzi noi, anzi loro

Quando nello scorso fine settimana Time ha annunciato che il personaggio del 2006 non sarebbe stato (come prevedibile) Mahmoud Ahmadinejad, i media di tutto il mondo si sono scatenati nel comunicarlo ai propri spettatori cercando di spiegare cosa fosse incluso tra quegli «You» cui il settimanale ha dedicato l’ambito premio. Si tratta di una tradizione che dura da decenni e sino ad ora il premio non era mai stato assegnato ad un numero così elevato di persone: in fin dei conti, gli utenti di Internet ormai si misurano in miliardi e quelli che rispondono ai requisiti della rivista sono centinaia di milioni.

I requisiti per sentirsi assegnatari del premio consistono nell’aver utilizzato attivamente i tanti servizi che siamo ormai abituati ad includere sotto l’etichetta Web 2.0: hai vinto il premio se hai condiviso un video su YouTube, partecipato attivamente ad una comunità di MySpace o contribuito ad un articolo su Wikipedia. Un po’ meno se hai mantenuto attivo il tuo blog: l’articolo che spiega le motivazioni del premio dedica molto poco spazio a questa attività, eppure come era prevedibile i blogger italiani si sono scatenati nell’auto-elogiarsi, auto-premiarsi, auto-incensarsi.

L’osservazione sulla parziale rilevanza dei blog è semplice: il Time ha premiato chi è uno step avanti, considerando che mantenere un blog è ormai un’attività scontata come discutere in ufficio con i colleghi; chi invece ha prodotto contenuti multimediali, chi ha partecipato a piattaforme di knowledge sharing, chi ha avviato una propria stazione radiotelevisiva, ha portato un valore aggiunto alla comunità. Questo è davvero lo spirito innovativo di chi merita il premio del magazine: per la prima volta nella storia, non ci sono padroni della conoscenza, ma formichine operose che la creano, la migliorano, la fanno circolare vorticosamente.

Nel frattempo, si può continuare amabilmente a discutere del colpo di mano verso i media classici o del pronome più corretto cui attribuire il premio. Ciò che conta, di questa iniziativa editoriale, è che finalmente la Rete ed i suoi cittadini più attivi abbiano ottenuto un riconoscimento positivo, dopo mesi di brutte notizie e persecuzioni. Per il resto, come ha brillantemente sintetizzato Squonk, «La “rilevanza”, o la “capacità di incidere concretamente” non sono attributi della blogosfera, bensì delle singole persone, le quali – a volte – usano per esprimersi uno strumento di produzione e gestione di contenuti».

Blogger utopici ed affaristi politici

Il “solito” evento parigino Les Blogs, giunto alla sua terza edizione con l’etichetta Le Web 3, è finito da qualche giorno, eppure ha causato tanto scompiglio da essere ancora oggetto di discussione da parte di blogger e giornalisti. Purtroppo, contrariamente agli anni scorsi, l’animazione collettiva non deriva e non è destinata alle nuove piattaforme sociali di cui ci nutriamo ogni giorno, quanto alla svolta decisamente politicizzata che l’evento ha vissuto nel corso di quest’ultima edizione. Aspetto del tutto inaspettato da chi, dopo aver versato qualche centinaio di Euro per l’iscrizione, aspettava l’evento con ansia ed interesse tecnologico o sociale.

Il “fattaccio” che ha dato via alle danze è stata la visita di Nicolas Sarkozy, Ministro dell’Interno francese in carica, ma soprattutto candidato del centrodestra alle elezioni presidenziali del 2007: Loïc le Meur, padre dell’evento e blogger più noto d’Oltralpe, ha attirato l’attenzione su di sé in veste di consulente del candidato più che sull’evento. I contenuti del convegno sono rapidamente passati in secondo piano e l’organizzatore è stato accusato di alto tradimento al mondo della Blogosfera che, si sa, non fa sconti a chi passa dalla parte del torto, calandosi nell’agone politico.

Tutti in Italia ricordano il caso di Ivan Scalfarotto, auto-candidatosi alle scorse primarie dell’Unione e severamente punito dalle urne: il suo programma populistico era stato amato da metà blogosfera italiana ed odiato dall’altra, ora il personaggio viene ridicolizzato da tutti. L’atteggiamento «We’re cool, we’re bloggers, we make things happen», d’altra parte, può piacere al blogger della prima ora, ma chi ha un minimo di coscienza critica sa che nessuno regala nulla ad un interlocutore che invia saette nell’etere: sarà così anche per il nascente movimento Bloggers for a Better World, nato proprio a Le Web 3.

L’entusiasmo fa nascere blog o scrivere articoli entusiastici che descrivono l’obiettivo del movimento nello «stimolare la responsabilità sociale dei blogger, spingendoli a lavorare di più sui grandi temi dell’attualità mondiale»: di concreto, però, in questi giorni, non si è visto nulla tranne l’entusiasta post del buon Lele Dainesi. Molti blogger hanno una coscienza civile ma è difficile la esercitino a comando una volta la settimana: o la testimoniano quotidianamente in ogni post, o impostano il loro strumento di comunicazione in maniera decisamente più soft. I blog sono megafoni, strumenti vuoti che non danno valore di per sé: i contenuti derivano dagli autori che, prima di tutto, devono maturarli sulla loro pelle.

Il trionfo dell’intermediazione (pubblicitaria e non)

Il management di Yahoo! si è lanciato in un’ampia riorganizzazione interna della società. L’idea di fondo è quella di focalizzare l’attenzione verso gli stakeholders più interessanti: non solo gli utenti finali dei suoi mille servizi, ma anche e soprattutto inserzionisti pubblicitari ed editori, cioè quella parte di clientela B2B che finanzia la crescita del gigante statunitense, tanto per cambiare grazie alle entrate dei servizi pubblicitari. Altro che Flickr ed i servizi a valore aggiunto: passano gli anni ed il fatturato di Yahoo! cresce solo grazie al valore generato dall’ex Overture.

Le divisioni che verranno fuori dalla riorganizzazione si focalizzeranno sui vari aspetti della catena del valore del modello pubblicitario ormai classico: servizi al mercato consumer per attirare traffico, offerte commerciali alle aziende che vogliono investire sul modello a performance e servizi ai partner editoriali che accettano di accompagnare i contenuti con le inserzioni pubblicitarie pubblicate da Yahoo! in maniera non dissimile da quanto offre Google. La piccola grande novità del 2006, però, è che i contenuti (e le inserzioni) in questione ormai travalicano il confine della virtualità.

Sia Yahoo! che Google, infatti, nel corso degli ultimi mesi hanno avviato attività di intermediazione sui media classici: dopo quello destinato ai quotidiani cartacei, Google ha recentemente avviato un programma destinato alla vendita di spazi pubblicitari sulle radio locali statunitensi. Yahoo! si è invece inventata un’iniziativa che riposiziona la società come partner delle aziende editoriali classiche: i contenuti Web-oriented fluiranno verso i giornali cartacei, inserzioni ed informazioni faranno il percorso inverso verso la Rete. Si tratta di una partnership a tutto tondo che proietta l’ombra lunga dei giganti del Web rispetto al modello tradizionale dei media sostenuti dalla pubblicità.

La storia, si direbbe, è decisamente diversa dagli strombazzamenti che accompagnarono l’infruttuosa fusione di AOL e Time Warner: stavolta i leader di mercato della Rete hanno assunto il ruolo di intermediatori per eccellenza di informazioni da una parte e di crescenti flussi pubblicitari dall’altra. Un ruolo complesso che probabilmente inciderà profondamente sul panorama dei media dei prossimi anni: in un mondo dominato dalla pubblicità, chi è il padrone del vapore mette anche uno zampino profondo sulle scelte editoriali. Tanto più se, con l’altra mano, della gestione delle informazioni ha fatto da sempre il suo pane quotidiano.

Perché dire, quando si può stupire?

Lei ha 26 anni e non è bellissima: ha un corpo vivace ed il fascino della sua età, eppure sta diventando il sogno erotico dei milanesi. Appare di notte sulla linea verde della Metropolitana di Milano, quella frequentata dai giovani che vivono la movida dei Navigli, balla una sfrenata lap dance circuendo un palo dei vecchi vagoni e poi passa a raccogliere le offerte. I ragazzotti più svegli le danno la caccia per immortalarla col cellulare e pubblicarne le gesta sul Web, i più scafati intuiscono le potenzialità di marketing dell’iniziativa e si lanciano in ipotesi improbabili come quella che vede nella danza un messaggio promozionale di ATM.

Lui ha esattamente il doppio dei suoi anni ed è veramente brutto: grasso, stanco, volgare, eppure è l’eroe di centinaia di padri italiani. Ha vissuto una storia drammatica di separazione dalla moglie: lei è scappata in Australia con suo figlio ed i tentativi legali di recuperare un rapporto con questo ragazzo ormai sconosciuto gli sono costati centinaia di migliaia di euro. Dopo che l’incontro col figlio è stato seguito da media ed istituzioni pubbliche, l’ospitata a TG2 Dieci Minuti, in prima serata, gli è sembrata l’occasione migliore per richiamare l’atenzione dell’opinione pubblica su vicende come la sua: altro che lap dance, ha preso della benzina ed ha cercato di darsi fuoco.

Per quanto le due storie siano drammaticamente diverse in termini di protagonisti, storie pregresse e finalità dei gesti, le loro surreali caratteristiche le accomunano in termini di strategia: far parlare il più possibile di sé media e cittadini comuni per generare attenzione sui propri progetti. Alla fine, la ballerina ha fatto i suoi show in metropolitana per pubblicizzare il sito SickGirl.it, non certo per amore dell’arte; alla fine, De Martino non aveva nessuna intenzione di darsi fuoco davvero, voleva solo attirare l’attenzione degli altri programmi televisivi più che leggere davvero le sue recriminazioni.

Ciò che lascia un po’ perplessi è che rispetto alle idee vincenti di self marketing che stanno dietro i gesti dei due, il loro effetto finale è mal gestito da entrambi: migliaia di persone si precipitano sul sito della lap dancer e scoprono che non funziona; milioni di persone vogliono ascoltare ciò che il tizio ha da dire sui rapimenti di familiari e lui passa il tempo a minacciare nuovi gesti estremi come il dirottamento di un aereo, invece che utilizzare l’attenzione dei giornalisti per esprimere contenuti. Vedremo chi sarà il prossimo genio del marketing e quale la prossima idea estrema: speriamo solo che alle parole faccia seguire i fatti

L’addio a Jolly Hotel ed il trionfo della Spagna capitalista

Se si dedica un po’ di tempo a scorrere gli andamenti in Borsa delle aziende italiane nel corso degli ultimi 12 mesi, ci si renderà conto della sorprendente crescita del titolo Jolly Hotel: dai circa 8 Euro, ai circa 24 Euro di questi giorni. Un’ascesa irresistibile dopo un periodo turbolento per un’azienda che ha profonde origini nel Nord Est italiano: un investimento avviato ormai decine di anni fa in un settore che nel mercato italiano si è presentato tutto sommato anticiclico. Jolly Hotel infatti ha saputo affiancare alla cura dei clienti in viaggio d’affari, principale core business del Gruppo, un’offerta turistica volta a saturare l’uso delle camere e dei servizi durante tutti i periodi dell’anno, vista l’attrattività delle destinazioni del nostro Paese.

Esperimento decisamente riuscito ed apprezzato, evidentemente, anche oltre confine: proprio in questi giorni è stato perfezionato l’accordo, preannunciato nella prima metà di novembre, che di fatto cede il controllo della catena di origini italiane (ma che opera anche in altri Paesi europei e negli USA) agli spagnoli di NH Hoteles, già possessori di un’ampia rete di strutture ricettive in giro per il mondo. Addio spirito imprenditoriale da provincia italiana, insomma: l’esperienza di Jolly Hotel diventa un asset in più nelle mani degli ormai esperti manager iberici. Basta dare un occhio alla presentazione riservata agli investitori per comprendere la portata dell’operazione.

Errori sparsi qui e lì a parte (un po’ di cura in più sarebbe stata gradita), il documento NH Hoteles evidenzia le forti sinergie col gruppo (ex) italiano: è indubbio, d’altra parte, che basterebbe da sola la copertura del nostro mercato da parte degli Hotel della matta per dimostrare i vantaggi che gli spagnoli ottengono dall’operazione. Un po’ meno comprensibili le grida di giubilo che nelle scorse settimane si sono levate da parte dei politici italiani: gli stessi che avevano osteggiato il takeover della spagnola (ci risiamo) Albertis sull’italiana Autostrade, si sono mostrati entusiasti all’idea che la catena italiana passasse in mani straniere interessate, tra l’altro, a procedere ad ulteriori acquisizioni.

La Spagna, per chi non l’avesse notato, esce ancora una volta vincitrice in Europa: chiunque, in Germania come in Italia, in Francia o in Sud America, dovrà tener conto del fatto che questa nazione, un tempo cenerentola del Vecchio Continente, ora ne sta diventando locomotiva. Tanti fattori vincenti mescolati saggiamente ed una nuova classe dirigente ambiziosa (nel senso migliore del termine) hanno permesso il miracolo: dopo Jolly ed Autostrade, teniamoci pronti a nuove, importanti acquisizioni anche nel nostro Paese. Chissà che strategia adotteranno le piccole aziende dell’indotto delle prede: magari le saponette degli alberghi italiani non saranno più prodotte in Veneto, oppure, se si sapranno ben posizionare con i nuovi padroni del vapore, potranno fornirle a gruppi sempre più europei e sempre meno italiani. Dovranno imparare, inutile dirlo, proprio dalle sorelle spagnole.