Tumblelog e Twitter per tornare all’essenza dei blog

Chi c’era lo sa. Chi ha visto nascere la pallina dei blog, quella che di valanga in valanga diventata l’attuale blogosfera, sa che al giro del millennio, i blog erano qualcosa di ben diverso da quello che sono oggi. Altro che kilometrici post (vedi sotto) sui massimi sistemi: si trattava di un sensazionale metodo per appuntare in Rete le proprie segnalazioni, fossero esse un link o il pensierino (magari sciocco) del momento. Dinamici, veloci, sintetici. Poche parole, tanti link, qualche immagine significativa e magari nemmeno un titolo. Non serve andare lontano: basta ad esempio prendere uno dei primi mesi di vita del ManteBlog per notare le tante differenze nello stile e nella sostanza rispetto al blog odierno.

Oggi questo tipo di descrizione è valida sì e no per i Tumblelog, che sono esattamente ciò che erano i blog 6-7 anni fa. Ovviamente ora anche le tracce su Tumblr e dintorni hanno feed RSS e altre amenità: ma ciò che li differenzia fortemente dai fratelli maggiori è la rapidità di aggiornamento e la proporzionalmente frequente voglia di consultarli. Ciò che succede anche con Twitter, che ultimamente ha rapito i Maestrini e molti altri navigatori di lungo corso: capita di leggere le loro note e sembra di tornare ai tempi del Tribook. Un salto nel tempo, verso l’essenza del blog.

Si trovano in Rete articoli interessanti come quello di Kathy Sierra sulla “ricompensa psicologica” che i lettori assidui dei Twitter altrui ricevono nel vedere i propri amici che scrivono una notiziola in tempo reale, uno spunto di riflessione o un link interessante. Seguire un flusso via tumblog o Twitter regala effettivamente la soddisfazione di vedere un flusso informativo costante e poco impegnativo: è facile scrivere, è facile leggere. Tutt’altra cosa rispetto ai nostri blog prolissi, in cui è ormai un dovere morale scrivere in maniera strutturata e completa. Non è difficile capire perché, a questo punto, ci sia tanta diffidenza tra blogger e giornalisti: ci si ruba il mestiere a vicenda.

Tornando a Twitter, c’è chi lo usa per monitorare la propria attività e c’è chi è sicuro che la pigrizia degli utenti ne causerà un rapido declino. Ipotesi poco probabile, però: il successo degli SMS insegna che la brevità è il miglior stile comunicativo dei nostri giorni e queste nuove applicazioni dall’animo antico rispondono in pieno a questo bisogno. Semmai, il vero pericolo è la noia: chi sta seduto tutto il giorno davanti ad un foglio Excel, ha veramente poco da scrivere sul proprio taccuino virtuale pubblico. Per questo pubblico, probabilmente, avranno più successo sistemi di bloc notes virtuali, versioni moderne del nostro copia/incolla quotidiano: privati, ma condivisibili all’occorrenza.

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