Il Sole 24 Ore alle grandi manovre

Gira ormai da qualche giorno la notizia che Il Sole 24 Ore, tra un progetto di quotazione in Borsa e qualche altra iniziativa editoriale fuori dal core business (vengono in mente i prodotti “turistici” degli ultimi tempi), intenda anche imbastire una faraonica piattaforma di “blog d’autore”, con una previsione iniziale di 100 blog specialistici. C’è chi nota che il numero sia un po’ alto, chi si candida come autore e chi indice concorsi per definire i possibili dettagli dell’operazione: com’era prevedibile, la notizia non poteva passare inosservata per una questione di quantità prevista e di qualità attesa. Qualità, in particolare, che dev’essere veramente alta: il quotidiano non può rovinare la propria immagine per qualche “pensirerino” poco consono.

L’iniziativa, d’altronde, avrebbe sicuramente il vantaggio di avvicinare alle iniziative dell’editore un pubblico più eterogeneo; tuttavia, non è difficile immaginare che i primi lettori arriveranno direttamente dalle pagine del quotidiano e saranno lettori tradizionali: liberi professionisti, professional aziendali ed altri membri del variegato mondo aziendale e finanziario. Dal punto di vista editoriale, l’idea non suona affatto malvagia: i blog di un consulente del lavoro o di un fiscalista appariranno irrimediabilmente noiosi per il pubblico tecnofilo di Nòva, ma potranno attrarre verso le mirabolanti spiagge del Web 2.0 anche gente che, in azienda, naviga decisamente poco.

Sarebbe carino, però, capire il business model dell’iniziativa: se di blog veramente specialistici e di qualità si tratta, perché non prevedere forme di abbonamento ai contenuti? La proposta appare provocatoria rispetto alla filosofia in voga in questi anni, ma potrebbe segnare un punto a favore della sostenibilità del piano: se si tratta di far spendere tempo a preziosi professionisti del diritto o della finanza, è bene che gli stessi vengano retribuiti, magari in funzione delle sottoscrizioni del singolo blog. Non si vorrà, si spera, seguire la logica un po’ ridicolizzante di alcuni circuiti di nanopublishing: concedere agli autori una microparte dei microricavi derivanti dalle microinserzioni pubblicitarie dell’AdSense di turno.

Non si tratta, si badi bene, di rendere quella del blogger una professione: al contrario, si tratta di fare entrare le professioni nel mondo delle opinioni condivise e di qualità. Sarà forse un peccato che in un modello simile le informazioni non possano, per ovvi motivi, essere aggregate su Technorati e dintorni: ma si tratta di un “pedaggio” a favore di iniziative che devono durare nel tempo per costituire riferimenti affidabili. Abbiamo già visto morire iniziative mirabili come NetManager per la solita miopia di imprenditori improvvisatisi editori, desiderosi solo di inserire banner e link pubblicitari ad ogni angolo di pagina: se di contenuti professionali stiamo parlando, dobiammo essere professionali anche nell’usufruirne.

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