La mostra complessa sul decennio lungo del secolo breve

Merita una visita annisettanta – Il decennio lungo del secolo breve, la mostra inaugurata a fine ottobre alla Triennale di Milano. Fino a fine marzo, infatti, si ha la possibilità di immergersi nel clima, nei tempi e negli stili di quel decennio così rilevante per la nostra storia recente: presentando questa mostra, il Presidente del Consiglio di Amministrazione della Triennale, Davide Rampello, ha definito gli «Anni Settanta il decennio più importante del secondo dopoguerra» e in effetti tutto l’allestimento restituisce ai visitatori il senso del “peso” che quella decade ha avuto sul nostro immaginario, sui nostri costumi, sulla nostra visione del mondo contemporaneo. Un “decennio” che la mostra fa iniziare nel 1969 e terminare nel 1980, un ponte che va dalle ferite del Vietnam ai primordi dell’edonismo reaganiano.

La peculiarità di questa mostra è soprattutto nella tipologia di opere esposte: non si tratta di un evento-reliquiario come molti possono immaginare sulla carta, visto che gli oggetti d’epoca sono veramente pochi, tendenti al nulla; non si tratta nemmeno di una mostra d’arte contemporanea in senso stretto, sebbene intere aree siano dedicate ad opere d’arte prodotte negli stili più variegati e negli anni più svariati (si parte dagli anni Settanta, ma si arriva anche ad opere prodotte nel XXI secolo, non senza qualche forzatura). Sicuramente la mostra si può definire “evento multimediale”, vista l’ampia disponibilità di materiali audiovisivi; molto meno attendibile l’etichetta di “evento memorabile”, visto che, tutto sommato, la stessa Triennale ha nel tempo prodotto mostre che lasceranno tracce più forti nella nostra mente.

Ciò che i visitatori della mostra non potranno dimenticare, tra l’altro, è il senso di acuto pessimismo che l’intera mostra proietta sul visitatore: dimenticatevi figli dei fiori e zampe d’elefante, visto che il tema dominante della mostra sembra essere il terrorismo ed in particolare il sequestro Moro. Statisticamente, almeno la metà delle installazioni hanno un qualche riferimento alla faccenda: alcune (vedi “3,24 mq”, che è la riproduzione 1:1 della “cella” di Aldo Moro) ne parlano in maniera esclusiva, in altre frammenti di questo dramma collettivo esplodono e deflagrano come incubo dominante di quel decennio e (correttamente?) dell’intera mostra. Molto meno presenti, invece, gli sprizzi di positività dell’epoca: l’immaginario glamour tanto tornato di moda negli ultimi anni emerge praticamente solo nell’installazione dedicata a Fiorucci.

Nel complesso, dunque, annisettanta è una mostra che deve essere vissuta, spremuta e interiorizzata con attenzione: è facile rimanere turbati dalle copertine di Cannibale, ma si può anche sorridere scorrendo quelle dei tanti periodici nati in quel periodo; si può rimanere rattristiti dal velo di pesantezza calato sui Carosello selezionati da Gianni Canova per dimostrare la scoperta del “cibo industriale” degli italiani nei Settanta, ma poi ci si potrà divertire a scorrere gli albi delle figurine Panini. Si tratta di un decennio complicato e la mostra, ampliandone i confini, lo rende ancora più complesso: sia onore ai creatori di annisettanta per il coraggio dimostrato nel metterci di fronte alle assurdità del nostro passato recente. In attesa che, non è difficile intuirlo, dopo gli anni Sessanta e gli anni Settanta, la Triennale possa dedicare un evento ai tanto bistrattati anni Ottanta.

1 pensiero su “La mostra complessa sul decennio lungo del secolo breve

  1. Spero che il Male l’abbiano trattato… bene e così i movimenti degli indiani metropolitani ed altre derive situazioniste che proprio allora rifulgevano per poi spegnersi

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