Il mito del consumatore alto, bello e propenso a spendere

Qual è il target più ambito dai markettari di tutto il mondo? Notoriamente, i gay: i media continuano ad alimentare il mito che li pittura come «statisticamente più ricchi, sofisticati e spendaccioni» e così si alimenta il circolo vizioso per cui confidando nelle loro raffinate esigenze si alzano i prezzi all’inverosimile ed alla fine si riesce ad intercettare il solo target di omosessuali veramente ricchi e gaudenti, alimentando ulteriormente la credenza popolare ed estromettendo dall’offerta il resto della popolazione gay. Ragionando a mente fredda, viene da domandarsi come si sia potuto creare una correlazione tra identità sessuale e propensione al consumo: tenendo questo passo, presto si sosterrà che è chic andare con i trans se si è sniffatori di cocaina.

La realtà è sempre più sfaccettata di ciò che le categorie di consumatori create ad hoc dagli istituti di ricerca cercano di fotografare: è già difficile immaginare cluster compatti di consumatori, ma è a dir poco impossibile riuscire a soddisfarne le esigenze con offerte di massa. Ci si prova quotidianamente, con tutti i “distinguo” che i bravi marketer tengono sempre a mente: è bene volgere le asimmetrie informative a proprio favore, è male cercare di imporre ex abrupto delle categorie che poi non trovano riscontro nella realtà quotidiana. Categorie che (ecco un altro mito) sembrerebbero essere superate dalla flessibilità offerta dal Web e che invece vengono solo frammentate in mille rivoli di interessi differenti, poco omogenei, in definitiva non trattabili come insiemi, ma poi riclusterizzati alla meno peggio per seguire le indicazioni della Nielsen.

Negli scorsi giorni, Massimo Moruzzi ha condotto un’interessante discussione sul suo blog a proposito del profilo “atteso” da chi investe in pubblicità in Rete: siamo tutti così abituati a dire che la Rete è popolata da coltissimi professionisti propensi a spendere (on line e non) che quando scopriamo che a cliccare sulle pubblicità sono le sciure alla ricerca di buoni sconto, ci rimaniamo male. Poi però facciamo un po’ di mente locale e ci rendiamo conto che effettivamente tutti noi abbiamo cliccato almeno una volta su un leaderboard e quell’unica volta era legata al concorso a premi dei Pan di Stelle del Mulino Bianco o del dolcificante. Prodotti che magari non compreremo mai, che non sono minimamente nel nostro target, ma che ci hanno attirato con la loro campagnetta “Clicca qui e vinci un iPod”.

I consumatori perfetti non esistono. Non esistono perché non siamo in un mercato perfetto, ma nella realtà quotidiana: nessuno si alza la mattina per impiegare le proprie risorse economiche nella maniera più efficiente; tutti si alzano la mattina per cercare di sfruttare le opportunità offerte dal mercato, sperando di essere un pelo più furbi degli altri consumatori ad intravederle (vedi corsa all’acquisto sottocosto negli ipermercati) e più scaltri dei rivenditori (vedi corsa alla vendita sottocosto negli ipermercati). La verità è che tutti gli altri consumatori avranno una sensibilità mediamente pari alla nostra e difficilmente un rivenditore perderà il pallino della propria operazione promozionale: persino MediaWorld è riuscita a recuperare alla grande dalla bizzarra situazione in cui si era posta dopo il Mondiale di Calcio 2006.

Ci sono professionisti come Luca Lani che di pubblicità in Rete vivono e sicuramente le loro analisi possono suonare positive per chi voglia investire: probabilmente tali professionisti sono abbastanza professionali (!) da illustrare agli investitori pregi e difetti del mercato pubblicitario in Rete. Ci sono poi aziende cresciute troppo velocemente che vogliono fare le furbe, spacciando piattaforme come Facebook e similari come il media pubblicitario del futuro e finendo per vendere a CPM a consumatori teoricamente perfetti. Ovviamente colti, ricchissimi e molto smart. Che però poi passano il tempo a pubblicare foto delle vacanze, mordere virtualmente le proprie connessioni ed ignorare del tutto le campagne in questione. A meno che, ovviamente, non riguardino i Pan di Stelle, i dolcificanti e gli iPod in premio.

1 pensiero su “Il mito del consumatore alto, bello e propenso a spendere

  1. Caro Giuseppe,
    Viviamo di stereotipi e generalizzazioni dalle quali, ahimé, non sono esenti molti dei professionals che lavorano nel marketing e nella comunicazione.
    Probabilmente l’evoluzione di analisi dei cluster per il marketing passa dagli stili di vita agli obiettivi di vita; in quest’ottica forse la comunicazione d’impresa dovrebbe occuparsi più di issues che di prodotti e/o modelli di comportamento. Mi piacerebbe approfondire il tema insieme.
    Un abbraccio.

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