Tutto bene ciò che finisce bene (dopo aver perso tempo e risorse)

È passato quasi un anno e mezzo da quando, su queste pagine, si gridava vendetta per la brutta vicenda vissuta da commeurope.it: un tempo quasi infinito per i ritmi veloci della Rete, un periodo quasi invisibile per la burocrazia. Riassumendo la vicenda: dopo circa 7 anni di registrazione, il dominio commeurope.it era stato rubato da cybersquatter olandesi; a nulla erano valse le richieste inoltrate alla Registration Authority Italiana per far notare la guerra che si era sviluppata in poche ore intorno al dominio, rapidamente finito sulle pagine pubblicitarie dei domain trader grazie ad un “banale” (ma evidentemente ambito) PageRank 4. Non era bastata nemmeno una denuncia formale presentata alla Polizia Postale: il Nic non si muove a meno di non obbligare la controparte a comparire davanti al giudice.

Da notare che gli estremi per la denuncia e per la revoca del dominio c’erano tutti: i cybersquatter avevano trasformato il dominio in un ricettacolo di link-spam, utilizzando però alcune pagine originali prese da .commEurope per mostrare comunque dei contenuti legittimi ai motori di ricerca. Un caso ai limiti del phishing, insomma: nonostante il blog andasse avanti sul dominio ufficiale e sebbene gli articoli “fotografati” fossero fermi a diversi mesi prima, alcuni lettori di .commEurope scrivevano e-mail del tipo «Come mai il blog non è più stato aggiornato?» (inquietante, bisogna dire). Il buon posizionamento sui motori di ricerca faceva il resto nel portare traffico agli spammer, fin quando dopo qualche mese di agonia Google ha deciso di declassare il PageRank dei link in ingresso e di fatto di far scomparire commeurope.it dall’indice.

I cybersquatter hanno perciò capito l’inutilità di mantenere un dominio ormai spompato e non lo hanno rinnovato. La Registration Authority li ha tutelati come da nuovo Regolamento per ulteriori 3 mesi e mezzo (…) aspettando un loro eventuale ripensamento, poi finalmente ha riaperto (pur con qualche limitazione) la possibilità di registrarlo. Morale della favola: ora commeurope.it è tornato ad avere il suo titolare storico, ma è solo una scatola vuota con un unico redirect a .commEurope, nessuna presenza sui motori di ricerca ed un’inclusione nelle blacklist come splog. Alla fine, evidentemente, è stato solo un grande dispendio di tempo e risorse da parte di tutte le risorse coinvolte: nessuno ha ottenuto vantaggi da questa situazione assurda, il Nic ha dovuto “trattare” decine di fax e .commEurope ha perso qualche visitatore stufo di non vedere l’home page aggiornata (sigh).

La storia è istruttiva per noi, ma non per gli spammer. Con anni di ritardo solo da poche settimane l’ICANN ha iniziato a studiare le dinamche del domain tasting, un fenomeno che ormai riguarda oltre 9 registrazioni su 10 di domini .com e .net (nel resto dei casi, va forte il front running). Un vero e proprio inferno, che toglie qualsiasi voglia di registrare “veri” domini a navigatori privati e ad aziende che non hanno voglia di sbattersi in tribunale per far valere i propri diritti. Un Far West che va molto al di là delle strategie di marketing e che sfocia direttamente nella criminalità: pensiamo a cosa succederebbe se anche nel mondo reale fosse così difficile difendere il proprio buon nome, la propria immagine e i propri marchi. Una volta tanto, insomma, la Rete deve imparare dal mondo fisico. E imparare tanto.

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