Retequattro, ormai è tardi

Qualsiasi cittadino mediamente informato dovrebbe ormai conoscere a menadito l’evoluzione storica del Lodo Retequattro, vale a dire l’inquietante ammasso di leggi, decreti e sentenze che nel tempo si è stratificato e trasformato in un unico fenomeno: la garanzia eterna della sopravvivenza di Retequattro sulle onde analogiche della televisione tradizionale. Un obbrobrio normativo partito ormai 20 anni fa, ma che non ha mai creato grossi scossoni alla rete “povera” del Gruppo Mediaset, specializzata in film e telenovele.

L’unico vero momento di preoccupazione per le reti televisive controllate da Fininvest è stato in realtà ormai quasi 25 anni fa, proprio pochi mesi dopo l’entrata di Retequattro nel gruppo del Biscione: era la metà degli anni Ottanta e l’acquisizione della rete precedentemente controllata da Mondadori aveva fatto scattare l’attenzione di alcuni magistrati sulla liceità delle trasmissioni televisive private su scala nazionale. Risultato: trasmissioni Fininvest sospese in Piemonte, Abruzzo e Lazio e lo spettro del fallimento.

Un bell’articolo di Paolo Dimalio su PeaceLink racconta come andò a finire quella vicenda: l’insieme dei “Decreti Berlsuconi” risollevò le sorti dell’allora unico gruppo televisivo privato nazionale, grazie ad un intricato quadro di accordi non scritti decisamente poco eleganti tra il Presidente del Consiglio Craxi, l’allora responsabile per l’informazione del PCI, Walter Veltroni, e il plenipotenziario DC De Mita. Spartizioni di potere che oggi farebbero accapponare la pelle, ma che hanno segnato la storia della TV in Italia.

Superato il più grosso degli scogli, quello della possibile chiusura, il gruppo televisivo guidato da Berlusconi non ha mai temuto davvero gli urletti di Francescantonio Di Stefano e della sua Europa7. Da un lato le spalle coperte dalla politica, dall’altro l’ormai consolidata abitudine dei telespettatori a trovare Fede sul quarto tasto del telecomando, hanno sempre garantito a Mediaset di continuare a trasmettere in analogico in barba a qualsiasi tentativo europeo di far cessare questa abitudine alquanto fuorilegge.

Non è bastata nemmeno la batosta da 350.000 Euro al giorno che le istituzioni Europee hanno comminato all’Italia appena pochi mesi fa. La rete “gialla” continua a trasmettere perle come Vieni avanti cretino e la sua scomparsa farebbe arrabbiare milioni di casalinghe e appassionare appena qualche migliaio di strenui difensori della legge. In queste ore si sente parlare degli ennesimi intrallazzi per salvare la rete dallo spostamento sul digitale: ormai è tardi, chi se ne importa. Tra pochi mesi, il passaggio, dovranno farlo tutte le reti…

2 pensieri su “Retequattro, ormai è tardi

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