La morte dell’URL

Scriveva qualche tempo fa Mauro Lupi in un commento su dot-coma

«In realtà i box di ricerca stanno diventando uno strumento di navigazione, per cui molti scrivono i nomi dei siti sapendo che il primo risultato sarà proprio quello del sito dove voglio andare. Se fai il conto, scrivere “google” sul box di ricerca, dare Invio e cliccare sul primo risultato, fa in totale 8 hits (6 lettere e due click). Andare sulla barra dell’indirizzo del brower, scrivere “www.google.com” e dare invio fa 15 hits (14 lettere e un click). Lo so, ci sono le toolbar o altre cose, ma la SMS-generation risparmia anche su questo ;-)»

Bisogna ammettere che (era il 2006) tutti i puristi del Web ascoltavano questo tipo di scenari con un forte senso di fastidio: si faceva notare la differenza tra il digitare correttamente un indirizzo nella barra dei browser e il vedersi supinamente apparire un motore di ricerca come home page ed utilizzarlo per avviare la navigazione magari digitando nella relativa casellina – orrore! – il nome di siti conosciuti (“ebay”, “amazon”, etc.) o addirittura l’intero indirizzo Web. Un comportamento giustificato dagli utenti in vari modi, ma sicuramente “contrario” alle tradizioni del Web.

Bisogna dire che la casella di ricerca su Firefox prima e soprattutto quella su Internet Explorer 7 poi hanno cambiato lo scenario: non è infrequente avviare una navigazione proprio da lì e – mea culpa! – soprattutto sui dispositivi mobile, si scopre di comportarsi esattamente come gli “utonti” di cui ci si lamentava qualche mese prima. Si finisce a navigare come si faceva 20 anni fa nei walled gardens internazionali: si usano le keyword direttamente nello strumento di navigazione, siano esse i termini di cui sfogliare i risultati su un motore di ricerca o per le quali si ha già in testa un sito ben preciso.

Proprio stasera il blog di Google Italia ha pubblicato una guida sulla corretta formattazione degli indirizzi al fine di renderli più intellegibili al motore di ricerca e più amichevoli per gli utenti finali. I quali, però, ormai destinano pochissima attenzione all’indirizzo dei siti, proprio esercitando una fede immensa nei “poteri” di Google e dei suoi fratelli. I puristi di cui sopra, sui relativi blog, continueranno a formattare nel migliore dei modi i propri indirizzi; i relativi lettori ignoreranno del tutto questi sforzi, continuando a digitare il nome del blog in questione sul motore di ricerca. Stessa ricerca, stesso risultato, tutti i giorni.

Non sono trascurabili gli impatti che questa tendenza ha sulla pubblicità in Rete e su quella tradizionale. La scorsa settimana Josh Catone ha pubblicato un articolo su Kellogg’s in cui racconta il successo di una campagna pubblicitaria tradizionale in cui la call to action non è stata il tradizionale “digita www.qualcosa” ma “inserisci la keyword su Yahoo!”. Il motore di ricerca ha supportato la campagna sia in termini di posizionamento sui risultati tradizionali che con un box pubblicitario ad hoc direttamente sulle SERP. I risultati parlano di una risposta 10 volte superiore alle campagne precedenti: fosse anche il doppio, sarebbe già un’enormità.

4 pensieri su “La morte dell’URL

  1. Ho postato sul mio blog un paio di mesi fa una tendenza che si stava affermando in Giappone: non pubblicizzare il sito, ma la parola da inserire su Google. Cerchi il sito Dell? metti “computer” sul motore…

    In effetti sembra un’iniziativa che parte dall’analisi del comportamento dei navigatori, quindi a mio parere intelligente.

    Certo bisogna darsi una mossa con Sem, Seo e similari, perchè si rischia di favorire il primo concorrente che ti sorpassa nei risultati…

  2. Quanto hai ragione, vedendo abitudini di altri familiari!

    Ps: ho cercato minimarketing in google, e ho visto che mi mette anche le sottopagine raggruppate! (non mi ricordo come si chiama il fenomeno) 🙂

  3. Baldo, i motori di ricerca ringraziano: l’unico modo per garantire che la strategia funzioni è pagare i SEO per far stabilizzare il proprio sito al primo posto (per sfruttare l’effetto “I’m feeling lucky”) e soprattutto protrarre all’infinito campagne pubblicitarie come quella di Kellogg’s (per garantirsi una presenza “forte” sulle SERP).

  4. Pingback: Pingback dall'articolo » Notes » Consigli per la formattazione degli URL

Rispondi a Gianluca Diegoli Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.