Diritto d’autore e vita da consulente

La posizione “ufficiale” della consulenza rispetto alla vicenda “Matteo Flora vs. Mondo” (per gli altri: Mediaset vs. YouTube) potrebbe essere quella di Annarellix: un articolo meditato, che esprime amarezza per una certa percezione collettiva che il mondo ha del nostro (sporco) lavoro. La difesa ufficiale del consulente di Mediaset è invece quella di Daniele Minotti, noto giurista e a sua volta consulente legale: anch’egli difende la vastissima categoria dei “consulenti”, leggendo ovviamente la vicenda da un punto di vista più approfondito e non fermandosi alle varie critiche del tipo “Venduti!”.

La difficoltà collettiva intrinseca nell’affrontare la vicenda deriva dal manto di mistero che ricopre la professionalità dei consulenti di alta direzione. Di coloro che, in ambito legale come HRM, con interessi in Area Commerciale o nei BPR, supportano le grandi aziende in operazioni delicate, propedeutiche a sviluppi importanti come quello di Mediaset (che potrebbe “guadagnare” 500 milioni di Euro dalla vicenda, cioè una cifra pari all’utile netto 2007). Di quei personaggi che rimangono nell’ombra, portando nella tomba segreti industriali, organizzativi e relativi alle Risorse coinvolte negli affari.

Vista la faccenda con l’occhio del consulente, se c’è una critica che si può fare a Lastknight, è proprio l’aver voluto raccontare troppo del proprio lavoro in pubblico. Non è un caso che il primo articolo sulla sua consulenza allo studio legale nominato da Mediaset, a metà luglio, sia stato salutato col sorriso dei suoi lettori abituali, mentre quelli successivi, in particolare quello di fine luglio, abbiano ricevuto centinaia di commenti furiosi. Matteo, che è un freelance, si è voluto esporre per mettere in risalto la quantità di lavoro richiestagli dalla faccenda, ma è rimasto scottato dal contatto col pubblico.

Il diritto d’autore, d’altronde, è il tipico campo in cui aziende, istituzioni e utenti finali hanno vision completamente diverse e difficilmente coniugabili. Le aziende hanno costruito un secolo di business su quello che, fino all’inizio del Novecento, era un settore industriale marginale. Oggi media ed editoria sono mercati che valgono tanto, che su quei diritti si confrontano quotidianamente con le istituzioni, che hanno serie difficoltà a regolamentare in maniera adeguata l’effervescente mercato in cui, come se non bastasse, i cittadini vogliono iniziare ad avere una voce, come utenti e come produttori di contents.

Alla fine proprio loro diventano il fulcro del problema: come nota Sp0nge, sono gli utenti finali che, invece di pubblicare i filmatini delle vacanze, si dilettano a uploadare i filmati di Mediaset, trascurando del tutto il tema del diritto d’autore. Non c’è consulente che tenga: Flora ha potuto solo censire cosa “la folla” ha fatto degli spezzoni Mediaset. Non è un caso che, nella querelle Viacom vs. YouTube, sia emersa la vera intenzione del gigante statunitense: verificare se alcuni video siano stati caricati anche da staff Google o da privati. Nel primo caso (e ciò potrebbe valere anche per Mediaset), ci sarebbe dolo.

Il mondo dei media evolve rapidamente e non si può non condividere l’analisi di Massimo Gramellini sulla trasformazione del gruppo editoriale della famiglia Berlusconi da pirata dell’etere a organizzazione che lotta contro i concorrenti più subdoli del momento, quelle Internet company che hanno capito la rilevanza del mercato ed operano borderline con le regole del diritto d’autore per rubare loro la linfa vitale, quella del mercato pubblicitario. L’attenzione degli utenti è poca e preziosa: è ormai evidente che broadcaster tradizionali e piattaforme di videosharing siano più concorrenti di quanto possa sembrare.

Una delle maggiori critiche fatte a Mediaset, d’altronde, è il frequente ricorso, durante le proprie trasmissioni, a spezzoni presi da YouTube. Un meccanismo che a molti sembra speculare alla presenza di contenuti Mediaset su YouTube e similari, ma che in realtà presenta un problema di fondo: Mediaset di solito trasmette video semi-privati pubblicati tramite YouTube, mentre YouTube ospita filmati di proprietà di Mediaset. Fin quando si continuerà a confondere i due piani, ci si fermerà a discutere di diritto d’autore come se si parlasse del capocannoniere del campionato di calcio al bar sotto casa.

Il diritto d’autore, invece, è cosa seria e (perché no) giusta. Produrre un articolo, un video, una canzone, una foto, può essere un’attività professionale e come tale merita di essere preservata. Sono anni che ci si lamenta della SIAE, ma non se ne viene a capo: il mercato dei diritti d’autore deve essere seriamente rivisto e ciò deve essere fatto a livello europeo. L’Italia seguirà a ruota, ma si spera in maniera coscienziosa: troppe persone ormai vivono di diritti d’autore, in maniera più o meno indiretta. Se YouTube non ha bisogno di molte Risorse umane, Mediaset e Viacom sì… E di molti consulenti, oh.

4 pensieri su “Diritto d’autore e vita da consulente

  1. D’accordo su tutto, ma vedi, rimane il problema del fatto che ho, volente o nolente, una immagine pubblica. E che non volevo in alcun modo “fregare” chi mi segue sul blog e in giro per riviste da 8 anni.
    Il nome è stato fatto direttamente nel comunicato stampa e non ritenevo corretto che “si sapesse in giro” senza essere io a dirlo. Sempre stato trasparente. Fin troppo.
    Non lo posso fare per i progetti “riservati”, ma l’ho potuto fare per questo, visto che come tutti gli incartamenti processuali è destinato ad essere pubblico.
    Poi è un lavoro decisamente interessante e, una volta che potrò divulgare i dettagli tecnici, sarà un lavoro nel bene o nel male di riferimento per quanto riguarda la Forensics.
    Grazie, comunque, per l’obiettività e la compostezza del tuo intervento.

  2. Ciao Giuseppe. Ho letto di questa questione di Matteo Flora. Da Avvocato la trovo molto interessante (dal punto di vista del diritto d’autore). Credo che si tratti però di un fuoco di paglia. Concordo con quello che dici a tal proposito e credo che lui non abbia compreso in quale ginepraio si sia andato a inserire. I suoi lettori si sono sentiti traditi (problemi loro) e chi lo conosce (forse qualche suo finto amico, forse qualche competitore) ha “condiviso” con la comunità una serie di lacune del suo background, non indifferenti a mio parere, che probabilmente faranno desistere molti colleghi dal chiamarlo per altre pratiche. Ad ogni modo: tutta la mia solidarietà al povero Flora. Ma non posso dare a meno di chiedermi se di tutta questa baraonda di blog i colleghi dello studio Previti siano a conoscenza…
    Buon lavoro!

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