MD80.it, un sito interessante

Quante volte capita di iniziare a curiosare su un blog sconosciuto e rimanere a spulciare gli ultimi post pubblicati, per poi finire ore a leggere gli archivi? Una, due, forse tre volte l’anno: il blog scivola rapidamente nell’aggregatore dei feed e da quel momento si tengono d’occhio gli aggiornamenti con una certa “golosità”.

Stavolta è il turno di MD80.it, un prodotto editoriale amatoriale che raccoglie informazioni, notizie e approfondimenti sul mercato dell’aviazione internazionale, con particolare attenzione per quella civile. Una piattaforma aggiornata quasi quotidianamente, da professionisti del settore e appassionati.

Accanto al blog, infatti, MD80.it offre un forum in cui piloti, frequent flyers, assistenti di volo e semplici curiosi si confrontano con passione su vita, morte e miracoli sull’industria aereonautica. Sono inoltre offerte pagine informative per chi si accosta per le prime volte a questo mondo affascinante.

MD80.it, insomma, è una fonte informativa importante in tempi in cui, specie in Italia, la diffidenza verso aerei e operatori cresce sempre più. La storia infinita del rilancio Alitalia ha attirato tutta la nostra attenzione, ma nel frattempo un’intera industria vive tempi difficili, anche a causa del caro petrolio.

Tra qualche settimana inizierà un 2009 complesso e siti di questo tipo potranno aiutarci ad interpretare meglio l’ambiente che ci circonda. L’importante è che chi li gestisce non perda l’entusiasmo nel mantenerli aggiornati: saranno mesi deprimenti, perciò è meglio continuare a convididere la conoscenza.

Il principio di Peter e le agenzie di comunicazione

Recita, sinteticamente, il principio di Peter:

«In ogni gerarchia, un dipendente tende a salire fino al proprio massimo livello di incompetenza.»

Il principio, da decenni, fa fischiare le orecchie a parecchi professionisti: spesso risulta essere un campanello di allarme per la propria carriera, ma anche una consolazione per le vessazioni dei propri capi e uno strumento di analisi delle carriere dei propri colleghi.

Ma, usciti dal proprio giardinetto, possiamo utilizzare il principio di Peter soprattutto per provare a comprendere il perché i nostri interlocutori nelle aziende partner, fornitrici o clienti esse siano, risultino spesso clamorosamente fuori luogo o poco contenti del proprio ruolo aziendale.

Ci sono alcune professioni per cui l’ascesa non comporta drammi eccessivi: il migliore degli amministrativi, se dotato di un minimo di leadership, potrà diventare il coordinatore degli amministrativi. Ma il principio di Peter assume risvolti quasi drammatici nel mondo delle professioni creative.

Perché all’Account Manager della vostra agenzia di comunicazione si illuminano gli occhi quando parla di un’headline e scende la saudade quanto si tratta di concordare gli emolumenti? Perché probabilmente era il migliore dei copywriter e la “promozione” lo ha portato al nuovo ruolo manageriale.

Si tratta di un meccanismo perverso, che imperversa nella maggior parte delle agenzie di comunicazione italiane, siano esse tradizionali o legate ai nuovi media. Orde di professionisti della comunicazione che devono improvvisarsi venditori provetti, maree di creativi che devono reinventarsi una carriera pur di fare carriera.

Non si esce dal labirinto: se si è creativi, si soffre per la mancanza di possibili evoluzioni per la propria vita professionale. Se si è responsabili di agenzia, si cerca di dare loro opportunità di carriera come sviluppatori di business. Ossia, si spalanca loro le porte dell’inferno pensando di mandarli in paradiso.

L’immagine compromessa dell’Alta Velocità

Non si dica che .commEurope sia un blog nemico delle ferrovie: al contrario, non solo la maggior parte degli articoli sono stati concepiti in treno (compreso questo), ma curiosando negli archivi si possono trovare panegirici verso l’affidabilità dei servizi ferroviari europei o nei confronti delle politiche promozionali del monopolista italiano.

Fatto questo disclaimer, si può declamare tutto lo stupore nel vedere il Gruppo Ferrovie dello Stato continuare a soffrire nell’eterna diatriba alta velocità vs. trasporto regionale, trasporto viaggiatori ad alto valore aggiunto vs. servizio universale garantito. Una scena che si riproduce ogni anno, ma che non si vorrebbe vedere mai.

Ad ogni pubblicazione di nuovo Orario, infatti, Trenitalia e RFI vengono sommerse da critiche infinite: da un lato di anno in anno spariscono i treni a lunga percorrenza ma in perdita, dall’altro cambiano ogni volta le abitudini dei pendolari che teoricamente, in un mercato come quello attuale, sono la linfa fidelizzata della Clientela.

Eppure, anche quest’anno vediamo il Gruppo FFSS arrabattarsi in regioni calde come la Lombardia, in cui utilizzo dei mezzi pubblici e malumore crescono proporzionalmente da ormai molti anni a questa parte. Da un lato si fanno promesse non mantenibili (o quantomeno non mantenute), dall’altro si cerca di creare un’aria cool sui nuovi servizi.

A dicembre, ad esempio, verrà lanciata per l’ennesima volta l’Alta Velocità in Italia. C’è un megacontatore fisso da tempo davanti a Milano Centrale, ci sono messaggi di posta che circolano da tempo sull’argomento, ci sono pop-up che ormai da mesi compaiono ad ogni benedetto accesso ai siti retail del Gruppo ferroviario, ci sono stati e ci saranno persino spot televisivi.

Ma cosa succederà a metà dicembre? Facile: verrà inaugurata la linea AV Milano-Bologna. Un traguardo, bisogna dire, abbastanza modesto: tutti sanno che la vera difficoltà è la tratta appenninica Bologna-Firenze e che quindi, sino al completamento di questa entro (si spera) fine 2009, difficilmente l’AV Milano-Roma sarà davvero competitiva.

Eppure, i nostri amici ferrovieri insistono nel “pompare” la novità. Finirà come nel 2006, ai tempi della Milano-Torino inaugurata in tempo per le Olimpiadi: nuova livrea per i treni, tante iniziative promozionali, finanche lounge trasparenti nelle stazioni per accogliere i viaggiatori. Poi, ovviamente, tutto verrà buttato via in vista del prossimo lancio.

E di lanci dell’Alta Velocità, bisogna dire, se ne succedono tanti, visto i tempi lunghi di time to market. Nel 1939 (!) il Fascismo esaltava l’abbattimento dei 200 km/h, nel 1977 era sta lanciata la “Direttissima” Roma- Firenze poi completata nel 1992 (…), nel 2005 è stata la volta della Roma-Napoli e nel 2006, come si diceva, è stata (parzialmente) inaugurata la Milano-Torino.

L’apertura della Milano-Bologna di dicembre 2008, insomma, è l’ennesimo tentativo di rilanciare un servizio che a molti ricorda più le proteste no-TAV della Val di Susa o i morti del Mugello che un servizio di qualità. L’unica vera novità è la crisi infinita del mercato aereo in Italia: l’Alta Velocità potrebbe essere un’alternativa confrontabile e, a guardare i prezzi annunciati, ci siamo quasi.

Barack Obama tra buona fede e media mix

Che bello: Barack Obama sarà il prossimo Presidente degli Stati Uniti. Mancano due mesi e in due mesi George Bush potrà combinarne ancora di tutti i colori, ma molti di noi sono convinti che il peggio stia passando. L’economia si riprenderà, le guerre finiranno, i tassi e i cambi si stabilizzeranno e tutto il mondo andrà meglio. O forse no: l’importante però è crederlo e Mr. Obama ce lo sta facendo finalmente immaginare.

Lo fa da tempo, almeno da quel febbraio 2007 che ha visto l’annuncio della sua candidatura e l’inizio della sua guerra infinita, con Mrs. Clinton prima e con Mr. McCain dopo. L’aspetto davvero innovativo della sua campagna, però, non è stata questa capacità di far sognare, quanto il riuscirlo a comunicare in maniera efficace. Di promesse elettorali d’altronde ne sentiamo sempre e da parte di tutti: ma ormai riusciamo a filtrarle.

Da Barack Obama, invece, ci siamo fatti tutti ipnotizzare. Sia per la bontà delle sue idee, sia per il candore con cui le ha pronunciate: ha ammesso i suoi peccatucci personali a priori, poi ha invitato tutti a concentrarsi sui contenuti e sulla buona fede. Una strategia di comunicazione vincente, basata sulla limpidezza dei comportamenti e sul fascino delle idee, sui rapporti umani e sulla costruzione della fiducia collettiva.

Il vero segreto di Barack Obama, in ogni caso, è stato un saggio media mix. Curiosamente, mentre i sostenitori ne esaltavano l’uso smart della Rete e delle sue dinamiche, finalizzate alla raccolta dei fondi ed al consolidamento del consenso, i nemici lo accusavano di aver battuto ogni record di spesa in termini di spot televisivi, inducendo i suoi sfidanti a rincorrerlo in termini di investimenti e profondità di comunicazione.

La verità sta nel mezzo. Barack Obama ha saputo utilizzare i comizi come leva per entrare gratuitamente nei media di tutto il mondo, poi ha sostenuto questa presenza costante attraverso tutti i media a disposizione, affiancando pubblicità e pubbliche relazioni, passaparola e comunicazioni strutturate. Sicuramente un esempio per i nostri imbalsamati politici europei, sicuramente una speranza per i cittadini statunitensi.

Facebook vs. FriendFeed e la mappatura della propria vita

Il successo di Facebook in Italia negli ultimi mesi lo possiamo verificare tutti: alzi la mano chi ultimamente non si è meravigliato di incrociare sul social network più pompato dai media persone perse di vista da anni, ma soprattutto di cui si ignorava del tutto la vena tecnofila che, fino all’anno scorso, contraddistingueva gli iscritti a questa e alle altre reti sociali. La verità è che tale vena queste persone non l’hanno proprio: sono utenti della Rete di un nuovo tipo, insospettabili navigatori fino a poco tempo fa del tutto digiuni.

Ora è bello vederli scorazzare su Facebook, inserire foto e scambiarsi poke, contattarsi tramite applicazioni improbabili e andare alla ricerca di parenti e vecchie conoscenze. Si tratta di una sorta di democratizzazione della Rete che rende felici, ma che lascia qualche sospetto riguardo all’effettiva percezione che i neo-utenti di Facebook hanno della potenza del mezzo: dubbi che sorgono nel vedere professionisti descriversi mentre si puliscono il naso con le dita e colleghe che parlano dell’ubriacatura della sera prima.

I navigatori più esperti il proprio status lo rendevano noto da un pezzo con Twitter, si dirà. Eppure, quei messaggini da 140 caratteri hanno sempre avuto un fascino (e un contenuto) diverso da quello dello status o delle applicazioncine di Facebook: una mappatura selettiva del proprio quotidiano, un filtro furbetto per dare tutto sommato buona immagine di sé distribuendo (ove opportuno) i propri aggiornamenti solo agli amici più intimi. Poco più di un gioco di SMS virtuali tra amici virtuali, insomma.

Quei navigatori esperti, oggi, sono in massa su FriendFeed. Twitter è una piattaforma molto limitata mentre FriendFeed permette di mappare la propria vita virtuale (e tenere d’occhio quella degli altri), commentandola in maniera serena e divertente. Non molto diverso da Facebook, forse: ciò che cambia davvero, però, è la consapevolezza del mezzo; ciò che lo rende unico, è la capacità di mappare la propria vita e quella altrui, ma scegliendo se e come farlo, non subendolo su invito.