I link sono utili, ma non sono tutto

Capita di vedere la seguente citazione ormai un po’ ovunque sul Web

«If you can’t imagine anyone linking to what you’re about to write, don’t write it»

attribuita di volta in volta a Clay Shirky e/o Jeff Jarvis. Due nomi pesanti dell’immaginario Internettiano contemporaneo, in effetti legati in un articolo del Guardian che racconta la visione del primo e raccoglie la frase di cui sopra, che Shirky attribuisce al secondo. Frase che appunto viene citata, ma che estrapolata dal contesto complessivo dell’articolo può dare adito a interpretazioni un po’ estremistiche.

La realtà è che, ancora oggi, vale scrivere qualcosa che non sia immediatamente linkabile. Non è detto che tutto debba essere necessariamente pubblico, digitale e soprattutto scritto. E non si parla solo di dichiarazioni d’amore che, in qualche modo, possono rientrare bene in questa categorizzazione: ci si riferisce anche a documentazione scientifica, economica e spesso anche più prosaicamente business-related.

Sebbene il glorioso Pagerank di Google ci abbia agevolato la vita nel corso degli anni, ha fatto sì che, soprattutto tra noi blogger, il concetto di link-come-funzione-del-valore-del-testo ha raggiunto livelli preoccupanti. Al contrario, i motori di ricerca dovrebbero aiutarci a ricercare proprio tra le informazioni più nascoste, ma magari preziosissime. Quante notizie che potrebbero esserci utili sono sepolte in qualche pagina nascosta e remota?

Basti guardare al mondo dei tumblelog per capire che la costante aspirazione di molti è linkare il più possibile i contenuti più popolari, al fine forse di ricevere un giorno dei preziosi link che facciano scalare le posizioni sulle varie classifiche. Qualche mese fa Axell si era lamentato di questa tendenza suicida, ricevendo per la maggior parte reazioni ironiche o sdegnate. Peccato che, nel frattempo, il fenomeno sia notevolmente peggiorato.

2 pensieri su “I link sono utili, ma non sono tutto

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