Torniamo a parlare di banda larga

Ogni due anni, di questi tempi, ricomincia il dibattito sulla banda larga. A metà luglio 2005, il Ministero dell’Innovazione strombazzava un intenso lavoro di diffusione della banda larga, soprattutto in scuole e strutture sanitarie. A metà maggio 2007, l’iniziativa “La fibra che ride” di Stefano Quintarelli aveva infiammato la Rete, lanciando il dibattito sull’importanza di non cedere alle lusinghe delle tecnologie xDsl al posto della fibra ottica. Oggi, a metà giugno 2009, l’ormai noto Rapporto Caio è stato ufficialmente presentato in Parlamento, con tanto di prese di posizione ufficiali del Governo sugli investimenti.

I temi sono sempre gli stessi: la penetrazione della fibra ottica in Italia negli ultimi cinque anni è rimasta sostanzialmente stabile in termini di abitazioni raggiunte e offerta commerciale. La crescita delle xDsl, come se non bastasse, ha fatto ulteriormente abbassare la percentuale di connessioni in fibra rispetto al totale di quelle definite “broadband” nel documento curato da Caio, che riprende dati OECD: 2,7% del totale. Un numero davvero ridicolo, anche perché tutti sanno che è tendenzialmente legato all’offerta di Fastweb presente in poche grandi città, con servizi ormai da anni uguali a sé stessi e sempre costosi.

Gli annunci di ieri parlano di investimenti per un miliardo e mezzo di Euro, per garantire una copertura fino a 20 Megabit per quasi il 96% degli Italiani, con copertura radio nelle zone in cui non è possibile arrivare con i cavi. Un’iniziativa che dovrebbe dare lavoro a decine di migliaia di persone e che riuscirebbe a coniugare investimenti pubblici infrastrutturali e sviluppo economico, con ritorni impressionanti sul PIL: 1,45 Euro per ogni Euro investito. Numeri piacevolmente impressionanti, che però hanno il sapore amaro della vittoria ad una partita che non verrà mai giocata. Anzi, forse nemmeno organizzata davvero.

La partita, d’altronde, doveva già averla chiusa da un pezzo Infratel, la società nata qualche anno fa in seno a Sviluppo Italia proprio con la missione di annullare il digital divide sul territorio nazionale. Iniziativa come al solito svanita nel nulla, così come purtroppo è realistico spariranno presto anche i fondi che, teoricamente, sarebbero già stati stanziati per questa nuova ondata di investimenti. L’unica speranza potrebbe essere rivolta agli operatori telefonici, ma è evidente a tutti che non sono esattamente immuni dalla crisi imperante. Ne riparliamo tra due anni, anche se ci sono seri dubbi che succederà davvero qualcosa.

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