Michael Jackson e il successo che uccide

La notizia della morte di Michael Jackson ha velocemente travolto prima la Rete e poi tutti i media. In poche ore è riemerso un pubblico di fan silenzioso da anni, composto da persone cresciute con l’idolo musicale Michael che spesso si sono sentite tradite dall’uomo Jackson. Ora che è morto, contribuiscono alla corsa generalizzata a riscoprire la musica, più che il personaggio discusso e discutibile. Si sa, in fin dei conti dei morti si parla sempre bene.

Michael Jackson è l’ultimo di una serie di personaggi che, dopo aver segnato interi periodi delle nostre vite, hanno subito nemesi feroci nelle vite private, culminate sempre nella morte. Personaggi quasi sempre legati al mondo dello spettacolo e nella maggior parte dei casi alla musica pop: in un certo senso, è l’ennesimo Elvis che si spegne travolto dagli scandali, l’ennesimo artista che ha raggiunto l’apice in età giovanile e gli inferi una volta diventato adulto.

Altri si sono tolti la vita, in maniera volontaria o involontariamente auto-indotta, prima di “scadere”. Si fa fatica a immaginare Kurt Cobain o James Dean da vecchi, si continua a venerarli come icone di giovinezze turbinose ma avvincenti. Persone che hanno cercato di vivere a doppia velocità lontano dai riflettori, ma che hanno scoperto la durezza omologante dei ritmi delle stagioni e della vita quotidiana, solo in parte sostituibili dalla ricchezza e dalla fama.

Jackson non c’è più, stroncato da un successo cui non è riuscito a sopravvivere. Di lui rimaranno sterminate pagine di Wikipedia che, in maniera un po’ imperfetta come avviene in questi giorni post mortem, proveranno a raccontare la vita di una stella precipitata troppo dall’alto per non farsi male. Rimarranno i milioni di dischi disseminati nelle case di tutto il mondo. Rimarrà soprattutto un nome, perché di Michael Jackson, nella storia, non ce saranno altri.

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