Bancoposta, il gigante con le ali legate

C’è un’azienda che negli ultimi anni ha visto crescere in maniera significativa la propria base di clientela nei servizi finanziari e non è una Banca: si tratta di Poste Italiane. Proprio quella che è partita dai Buoni Fruttiferi e dai Libretti di risparmio ed oggi mantiene 5 milioni di carte prepagate PostePay e 6 milioni di conti correnti. Bancoposta è uno degli Istituti che torna alla mente per primo nelle indagini di mercato ma non può fregiarsi del titolo di Banca. Il che, visti i numeri in gioco ed i prodotti/servizi distribuiti, è sicuramente una distorsione del mercato.

Le Banche considerano Bancoposta un concorrente a tutti gli effetti, ma c’è qualcosa che non va: la divisione di Poste Italiane soffre per l’impossibilità di aprire filiali, gli altri Istituti lamentano che la crescente offerta del Gruppo Poste Italiane ormai copra anche settori un tempo lontani da lettere e cartoline, come le assicurazioni danni, il risparmio gestito, la distribuzione di finanziamenti a breve e lungo termine. Nel frattempo, i feedback positivi da parte dei clienti Bancoposta vengono ricoperti dai classici insulti al servizio postale, con tutti i suoi vincoli.

I due servizi, d’altra parte, vengono gestiti dallo stesso staff degli uffici postali che, con tutta la simpatia possibile, non riesce a brillare per preparazione in ambito finance ed anzi soffre vistosamente per il dover “vendere” servizi che evidentemente non sente nelle proprie corde. Si tratta di un’occasione persa per tutto il sistema, proprio alle porte della liberalizzazione dei servizi postali prevista dall’Unione Europea nel 2011. Un momento molto importante, che sarebbe bello Poste Italiane potesse prendere come occasione di profondo rinnovamento.

Quella del Gruppo Poste Italiane è una situazione bizzarra: un’azienda da 150.000 dipendenti che vede entrare la concorrenza internazionale nel proprio core business, ma non può allargarsi liberamente in settori in cui dimostra “talento”: le vengono preclusi dal fatto di essere un’azienda ancora controllata al 100% dallo Stato che ne tarpa le ali per non turbare la concorrenza. La quale però è già andata a farsi benedire, messa in discussione da scelte che hanno tanto sapore politico e che mettono in difficoltà dei manager capaci, ma con le mani legate.

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