BP distrutta dal disastro del secolo

Fa quasi sorridere, alla luce delle magnifiche sorti dell’ecosistema Apple e del relativo rapporto coi DRM musicali, il baillame che sollevò l’infelice vicenda del rootkit Sony. Sembra del tutto minuscolo, il turbamento dell’opinione pubblica di un paio d’anni dopo, quando il mondo scoprì i pericolosi segreti di alcuni giocattoli Mattel. Desta ancora tristezza, ma in fin dei conti appare un caso isolato, l’imbarazzante caso del Carrefour accusato di essere nemico dei bimbi disabili. Si potrebbe andare avanti così, rileggendo oggi come ormai insignificanti molti dei casi di crisis management che avevano colpito gli esperti di relazioni pubbliche negli scorsi anni.

Il terribile disastro della Deepwater Horizon, infatti, oltre ad essere un danno gravissimo e del tutto imperdonabile per l’ambiente mondiale e per le popolazioni che ne subiranno gli effetti per decenni, sta segnando in maniera significativa un’intera generazione di professionisti del mondo della comunicazione. Da un lato, chi lavora nelle aziende, soprattutto quelle a vocazione più industriale, si rende conto che non ci può essere teoria che tenga, tecnica di legittimazione che risulti opportuna per un disastro di simili dimensioni; dall’altro lato, chi si occupa di informazione scopre di essere davanti ad un caso Bhopal ancora più strisciante, dalle conseguenze imprevedibili.

Oggi come allora, a distanza di tre decenni, il mondo trema per qualcosa che va oltre le discussioni ideologiche su inquinamento e fonti rinnovabili: è paura reale che si traduce in scia chimica, incapacità di gestire la complessità industriale e saperne gestire le ricadute in caso di pericolo. Non c’è PR che tenga, quando un dramma profondo assume proporzioni così rilevanti oltre che nell’immaginario, anche nella realtà quotidiana di migliaia di famiglie. Massimo rispetto per i dipendenti BP, per la maggior parte vittime più carnefici; tuttavia, la loro incapacità di gestire la tragedia, soprattutto dopo che è avvenuta, non può che rimanere impressa per sempre.

Le rielaborazioni del logo BP pubblicate su World Famous Design Junkies

L’immagine della storica Società è completamente distrutta. E questa non è una grande vittoria neppure per chi da sempre l’ha osteggiata, magari anche con azioni dimostrative clamorose, ma sempre da “nemico” chiaro nei suoi intenti. Nonostante l’ottimismo strisciante sul sito istituzionale della compagnia petrolifera abbiamo perso tutti e, come nota l’ormai noto @BPGlobalPR, piuttosto che cercare di mettere la polvere sotto il tappeto, è bene che BP mostri con chiarezza i risultati del suo operato ed investa tutto il possibile per riparare. Poi ci sarà il tempo di ricostruire un’immagine, magari puntando sulle energie alternative. Ma ci vorranno decenni, forse secoli.

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