Twitterremoto

Massima solidarietà e partecipazione per il dramma giapponese. Un terremoto così forte non solo fa male a chi è colpito direttamente dalla morte dei familiari, ma anche a chi ha vissuto quelle scosse sulla propria pelle e ne avrà un ricordo indelebile, uno di quelli che cambiano la vita e il modo stesso di intenderla. I media a più riprese hanno sottolineato come, mentre le linee telefoniche continuavano a crollare, gli accessi a Internet rimanevano ancora attivi. Non è molto chiara la modalità tecnica di questa sopravvivenza, ma è stata sicuramente l’occasione per tirare nuovamente in mezzo il ruolo di Twitter come megafono.

Come avvenuto negli scorsi anni con la scomparsa di personaggi celebri, Twitter ha fatto da risonanza dell’accaduto nelle prime ore e poi da punto di sintesi della solidarietà mondiale. Quello che è mancato, oggi come allora, è stata però l’informazione “di prima mano”, la fonte magari non famosa, ma utile a capire. Il meccanismo perverso della piattaforma, peraltro, fa sì che sia impossibile che una notizia salga di livello in tempi brevi; magari un giornalista ha 1.000 fans tra i suoi iscritti, ma a sua volta non è iscritto a nessuno di essi, quindi qualora pubblicassero qualcosa non se ne accorgerebbe. Figurarsi gli amici degli amici.

Il Giappone è uno dei Paesi a più alta concentrazione di Internet-users e in questo caso le fonti dirette, sul territorio, all’apparenza avevano molto da dire. Ma cosa, esattamente? «Oh mio Dio, un forte terremoto» o «Gulp, la mia scrivania è crollata sotto i miei occhi» sono tweet emozionanti, ma aggiungono poco. Se qualcuno avesse avuto qualcosa importante da dire (tipo «Ho sentito dei superstiti sotto le macerie del palazzo XYZ, andate a scavare lì») difficilmente l’avrebbe scritto su Twitter; chi ha voluto rassicurare i propri parenti e amici è ricorso a Facebook, instaurando mini-conversazioni coi dettagli personali per rassicurarli.

La discussione via Twitter si è ripiegata su sé stessa. Come al solito è diventato il giochino in cui gli Occidentali, davanti al PC, scambiavano commenti sulle immagini proposte dai media facendo entrare il terremoto tra i trend topics prima di passare il giorno dopo al Nord Africa o a qualche Camp o whatever. La sensazione come al solito è quella di essere di fronte a un mezzo potente, che è uscito dalla logica dell’SMS erga omnes per entrare in quella della chat pubblica universale; un mezzo troppo generalista per competere con applicazioni specifiche, troppo scarno per diventare mass market. Che farà da grande l’uccellino blu?

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