Scheumorfismo imperante

La sempre maggiore distanza tra l’eleganza minimalista dell’hardware Apple e il senso più pacchiano che mai delle interfacce utente sta diventando un chiodo fisso dei designer. Com’è possibile che il focus sullo stile di Jony Ive stia lasciando sempre più lo spazio a software ogni volta più incentrati su bordi di pelle rivettati e oggetti virtuali usciti direttamente dagli anni Sessanta?

Non è che lo scheumorfismo sia un male di per sé: il click virtuale delle macchine fotografiche digitali ha semplificato la transizione rispetto alle macchine che il click lo facevano davvero; i libri virtuali su Kindle hanno conquistato i lettori più accaniti anche per la loro rappresentazione simile a quella cartacea. La sensazione è che però Apple abbia preso una deriva un po’ estrema.

Passi per la calcolatrice che sull’iPhone rappresenta fedelmente quella fisica che utilizzavamo qualche decennio fa; ma c’è davvero bisogno dei trattini sotto la F e la J sulla tastiera virtuale dell’iPad? Non è che riempire lo schermo dei terminali con immagini di agende o calendari fisici sia un modo per nascondere la voglia di impegnarsi in un disegno veramente innovativo?

Per i più anzianotti, le interfacce così didascaliche rappresentano un buon modo per avvicinarli agli strumenti; ma i più giovani, quelli magari particolarmente sensibili al fascino del bianco hardware Apple, non apprezzeranno forse maggiormente l’essenziale e sobria interfaccia Metro di Windows 8? Potrebbe essere la prima vera vittoria di Microsoft nel campo del design.

2 pensieri su “Scheumorfismo imperante

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