Il caso estremo del BYOD

I CIO di tutto il mondo si stanno domandando come gestire l’ormai ampio fenomeno del bring your own device, cioè la necessità di regolare il fatto che la stragrande maggioranza dei dipendenti ormai porta i propri smartphone/tablet/variedeventuali al lavoro e li utilizza per accedere al Web e magari agli stessi sistemi aziendali. I più smart hanno capito che si può far poco; anzi, hanno intuito il risparmio di lasciare ai dipendenti la responsabilità di comprare terminali costosi e sottoscrivere tariffe esose con le TelCo.

C’è un caso in cui il BYOD supera i confini dell’azienda ma allo stesso tempo rimane chiuso da evidenti limiti di diversa natura: è quello dei terminali personali utilizzati sui mezzi di trasporto di lunga distanza, treni e aerei in particolare. Se sui primi i servizi a valore aggiunto sono novità recente e sostanzialmente limitata ai Paesi che hanno investito sull’alta velocità, nei secondi c’è una vera e propria tradizione relativa all’intrattenimento di bordo. Fatta quasi sempre di costosi strumenti di bordo imbullonati sul sedile di fronte.

Joe Sharkey ha notato come si sia arrivati a un bivio: continuare a investire nell’acquisizione di hardware e nell’acquisizione di contenuti oppure fornire servizi di accesso alla Rete da utilizzare direttamente con i propri device. Anche perché potersi connettere col proprio terminale ad alta quota da parte dell’utente vuol dire permettergli di lavorare sugli infiniti voli intercontinentali, senza costringerlo a passare il tempo a guardare film di terza visione, cartoni animati con sottotitoli e documentari d’epoca.

È evidente la correlazione tra utenti della prima classe, possesso di terminali evoluti e potenziale interesse delle compagnie a includere servizi di connettività come plus del livello di servizio. Rimane da servire la massa e questo rende necessario dotarsi di infrastrutture adeguate (gli utenti del disastroso wi-fi Frecciarossa emetteranno ora un sospiro), ma anche continuare a garantire servizi di intrattenimento per chi i device non li ha o non li vuole usare 24×7. Fossero anche gare di cucina con i peanuts.

Torte monumentali e torri d’avorio

Sono tante e molto, molto, diverse, le tradizioni dolciarie europee. Cambiano gli ingredienti e le ricette, spesso legati a peculiarità del territorio o del clima; cambiano inevitabilmente, nello spazio ma anche nel tempo, i gusti di chi acquista i dolci (e di chi li produce). È vero che l’arte pasticciera è parte del patrimonio culinario di ogni Paese e quindi rispetto alle altre le scuole italiana e francese brillano in parallelo con l’alta cucina, ma ogni dolciume è un misto di ricordi e storia, anche quando di modesta fattura.

E poi c’è la pasticceria all’americana: appariscente, ultra-dolce, a suo modo bella da vedere. Un mondo che fino a pochi anni fa era completamente separato da quello europeo, con i contatti limitati a qualche ricetta di coloratissimi cupcake a passare l’Atlantico. Il grande colpo di scena, ciò che ha improvvisamente miscelato e travolto le barriere, stavolta non deriva dalla Rete, ma dalla televisione: basta dire “Boss delle torte” per richiamare alla memoria anche dei meno esperti un intero mondo di “monumenti” dolci.

Internet è poi arrivata ad amplificare il fenomeno, ma la trasmissione di Buddy Valastro è stata la chiave di volta di una vera e propria trasformazione nei desiderata di mamme e papà intenti a scegliere (o magari produrre) i dolci per i compleanni dei figli o per gli altri eventi familiari: si è passati nel giro di pochi anni dai classici europei, magari con qualche statuina di marzapane sopra, a vere e proprie costruzioni di cioccolato plastico, pasta di zucchero e marshmallow fondant, magari con qualche base di polistirolo.

Elisia Menduni ha raccolto le grida di dolore del gotha dell’alta pasticceria italiana, scatenando un dibattito tra professionisti e fan delle torte-monstre, che difendono quella che per alcune persone da passione si è trasformata in professione, sebbene (almeno secondo i pasticcieri “ufficiali”) senza gli standard sanitari e di qualità richiesti a materiali belli ma (almeno teoricamente) edibili. Il sapore della difesa corporativa un po’ si sente ed è stupido ignorare che la domanda di dolciumi sia cambiata, probabilmente per sempre.

D’altronde, è un peccato pensare di buttare secoli di tradizione e lasciare che la forza congiunta di televisione e Web convinca i/le dilettanti allo sbaraglio di costituire l’unica offerta possibile. Quindi la responsabilità di rilanciare la tradizione europea coniugandola con le nuove richieste della clientela è del tutto a carico dei pasticcieri; la leva di marketing della qualità dei prodotti sarà sicuramente apprezzata, ma non potrà essere la solita giustificazione per i prezzi alle stelle e un ulteriore chiusura nella torre d’avorio dell’alta gamma.

Ancora primarie

Il Partito Democratico italiano sembra aver preso il peggio dal suo omonimo statunitense, in particolare le lotte intestine che si scatenano puntualmente a ogni ciclo di elezioni, soprattutto nelle primarie. Un florilegio di insulti che si traduce in costi immani e nell’ulteriore lacerazione della fiducia nella classe politica.

Vengono svolte primarie per tutte le occasioni: scelta dei candidati sindaci, scelta del segretario del partito, scelta del candidato premier. Quest’ultima è un’idea particolarmente esotica per l’ordinamento italiano, visto che non è possibile l’elezione diretta e per di più, con le arie di ritorno al proporzionale, piuttosto debole.

Dal punto di vista della comunicazione politica, è scioccante vedere un Fassina che incolpa un Renzi di aver copiato il programma del proprio partito (?), è stancante vedere un Vendola agitare i propri successi di governatore come clava sugli altri candidati, è imbarazzante leggere le battutine isteriche di Renzi sui vari media.

Quale sarebbe l’obiettivo di marketing politico di questa iniziativa? Costruire consenso intorno a un unico leader? Dare visibilità al Partito Democratico, al movimento Nichi-Vendola-centrico e persino al redivivo Partito Socialista Italiano? Ridare credibilità al ruolo dei politici che hanno appoggiato l’esoso Governo “tecnico”?

Qualunque sia l’esito finale di questa maratona politica addirittura a doppio turno, per molti di noi sarà semplicemente l’anticipo di una campagna elettorale, quella per le Elezioni Politiche della prossima primavera, che già si annunciava lunga e intensa senza bisogno di manifestazioni di finta democrazia dal basso.