Risparmiamocelo

Inizia a prendere corpo l’iniziativa Risparmiamocelo di AcomeA, una piccola ma dinamica SGR che ha preso a cuore il destino dei risparmi degli Italiani. È evidente che nulla possa essere più virale di una petizione di richiesta di cancellare delle tasse, specie in un contesto come quello europeo in cui basterebbe il cuneo fiscale per gridare allo scandalo; ma stavolta c’è un elemento di attenzione in più.

Un'immagine tratta dal profilo Facebook di Risparmiamocelo

Le inique tasse italiane sui risparmi infatti colpiscono in maniera non progressiva i piccoli risparmiatori: non saranno infrequenti i casi in cui i pesanti bolli applicati nel 2012 (ancora più alti dal 2013 in poi) supereranno i ritorni sugli investimenti di piccolo taglio, ad esempio quelli posti in un conto deposito, in titoli di stato o in azioni dell’azienda in cui si lavora. Chi avrà più voglia di risparmiare qualcosa?

Inutile dire che non è vero che risparmiare di meno voglia dire consumare di più, anzi. Nell’ultimo lustro più volte ci è stato detto che la salvezza dell’Italia sia stata la propensione al risparmio dei suoi cittadini; ora non solo la crisi ha ucciso la possibilità di mettere qualcosa da parte, ma le tasse folli sconsigliano del tutto il farlo. La campagna di AcomeA sembra perciò destinata a ottenere molta visibilità.

Se si può fare un appunto ai creatori dell’iniziativa, è che sottolineano più volte che le nuove imposte scoraggiano gli investimenti in operatori specializzati a favore di banche e Poste Italiane. In verità soprattutto le prime vengono molto colpite, visto che aumentano i bolli sia sui conti correnti che sui vari investimenti; semmai è Bancoposta a essere un’eccezione vistosa sul mercato finance.

Una vita a letto

Chiederebbe il comico Massimo Bagnato «Alzi la mano chi legge questo post dal letto» oppure «Alzi la mano chi gioca col tablet a letto prima di addormentarsi» o anche «Alzi la mano chi guarda l’e-mail a letto come prima cosa al mattino». Si potrebbe continuare all’infinito: molti di noi passano ore a lavorare, giocare, leggere, studiare seduti o sdraiati a letto.

All’inizio era il notebook: dopo anni di PC-totem davanti a cui sedersi a casa o al lavoro, la possibilità di poter utilizzare un terminale in una posizione più comoda sembrava una svolta; complice il wi-fi, ci eravamo poi liberati anche di buona parte dei cavi. L’arrivo di tablet, e-book reader e smartphone è stata la consacrazione definitiva di un nuovo stile di vita.

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Non solo informatica, in verità: l’abitudine di passare ore e ore a letto (nel week-end più che mai) ha fatto sì che abbiamo iniziato a consumare cibo o telefonare a letto. Molte case ormai hanno televisori in ogni stanza da letto che vengono molto più utilizzati di quello “principale”; è cambiato il consumo: le immagini scorrono in TV, l’attenzione è sul tablet.

Negli Stati Uniti fioccano gli studi su questo modo di vivere, sicuramente poco salutare ma molto “pratico”. I più eleganti ricordano la greppina romana e la vita intellettuale che gli scorreva intorno; i più giovani ricordano i ciccioni del futuro del film WALL•E che vivevano sull’astronave sempre supini, con i muscoli atrofizzati. Probabilmente siamo sulla buona strada.

Frullato di grande distribuzione

Questa crisi sta durando talmente tanto che si potrebbero tranquillamente riciclare sui blog dei post di fine 2008 o metà 2011 riuscendo a piangersela tranquillamente per la perdurante sensazione di stallo di consumi e marketing. Una ricerca di AstraRicerche però è riuscita a toccare ulteriormente le corde del pessimismo:

«per il 70% degli intervistati “le cose vanno male o malissimo”. Un dato così vasto di pessimismo non è mai stato registrato dalla seconda guerra mondiale in su. Si pensi che nel 2010, ovvero a due anni dagli eventi della Lehman Brother e quindi dal sorgere della crisi economica mondiale, alla medesima domanda rispondevano in tal senso”solo” il 48% degli intervistati. Lo stato di pessimismo sulla vita del consumatore non si limita ad una previsione per il prossimo anno, bensì è un pessimismo che si proietta nella vita dei prossimi tre anni (addirittura chi ha risposto anche dieci anni) degli intervistati.»

In un simile contesto, ovviamente, in campo alimentare vanno fortissimo le private label, quantomeno quelle “moderne”, che trovano un equilibrio tra qualità e prezzi limitati. Ma è soprattutto negli altri settori che si vede il cambiamento maggiore. Basti guardare chi sono i vincitori di Retailer of the Year 2012:

  • Retailer of the Year Ikea
  • Arredamento Ikea
  • Articoli per la casa Mondo Convenienza
  • Articoli sportivi Decathlon
  • Borse e accessori Carpisa
  • Calzature Pittarello
  • CD, Dvd e videogiochi Media World
  • Elettronica Media World
  • Erboristeria Bottega Verde
  • Fai da te Leroy Merlin
  • Giocattoli Toys Center
  • Gioielli e bigiotteria Stroili Oro
  • Informatica Media World
  • Intimo e lingerie Tezenis
  • Libri e riviste la Feltrinelli
  • Moda bimbo e prima infanzia Ovs
  • Moda Donna H&M
  • Moda Uomo Conbipel
  • Ottica Salmoiraghi & Viganò
  • Profumeria Yves Rocher
  • Prodotti per animali Pet’s Planet
  • Ristorazione veloce McDonald’s
  • Supermercati Esselunga
  • Telefonia Media World.

La stragrande maggioranza delle insegne citate puntano sul pricing come leva distintiva: Media World in diverse categorie, Ovs o Tezenis nell’abbigliamento, Pittarello tra le calzature, per non parlare di McDonald’s o Carpisa. Forse solo la Feltrinelli o Yves Rocher, tra le catene citate, provano un mix diverso.

Se la succitata previsione di crisi perdurante si avvererà, sempre più il panorama della grande distribuzione si auto-frullerà in qualcosa di sempre meno riconoscibile, in cui catene insignificanti vendono prodotto insignificanti a prezzi livellati, a detrimento dei dipendenti e con minimi vantaggi per i clienti. Se non il prezzo.