Saluti da Boston

Dopo Nizza, Praga e Berlino, stavolta i saluti ai lettori arrivano dopo aver visto in cosa Boston differisce non solo dalle nostre città europee, ma anche dalle sue sorelle d’Oltreoceano. La capitale del Massachusetts, infatti, è una piccola isola felice, in equilibrio tra una tradizione che sa valorizzare e uno sguardo deciso verso il futuro.

La tradizione è quella derivante dall’essere stato un centro rilevante per la storia americana, con una buona capacità di valorizzare i lasciti in chiave turistica senza appesantire la vita quotidiana del centro; lo sguardo verso il futuro non può che derivare dal cuore universitario, che può onorarsi di nomi di peso come Harvard e MIT.

L’essere tendenzialmente una città borghese, benestante, fa sì che il marketing locale sia molto focalizzato su chi può permettersi un tenore di vita alto: il caso più evidente è quello del cibo, che trova nella presenza convinta di Whole Foods Market la migliore espressione, fatta di gusto internazionale e alta qualità dell’offerta.

In città si rincorrono i messaggi pubblicitari dedicati ai manager delle principali Financial Institutions e società di consulenza che hanno sede in loco; i musei pubblici trasudano bellezza e opulenza, nonostante per ovvi motivi siano meno famosi di quelli di New York; per le strade le auto sono spesso eleganti e non solo carrarmati ingombranti.

Boston è insomma una città-modello per quelle che, da questa parte dell’Atlantico, si disperano di non saper più attrarre cittadini e investimenti, essendosi ormai convertite in ammucchiate di uffici e dormitori. Non mancano i problemi, ma la sensazione di saperli risolvere è più forte della nostra abitudine europea di piangerci addosso.

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