Commercianti low cost made in Italy

In questo strampalato mese di agosto nelle metropolitane milanesi sono apparse le affissioni del circuito di parrucchieri L’Italiano. Bruttine ma efficaci: alla promessa di spendere 10 Euro per un taglio di capelli molti uomini saranno andati a curiosare sul sito. L’avrebbero forse fatto anche se la pubblicità fosse stata fatta da stranieri: tuttavia, in quel caso forse il prezzo sarebbe stato meno sorprendente.

Qui la promessa dell’italianità dei coiffeur è una sorta di garanzia sulla qualità del servizio e dei prodotti usati. Il nemico dichiarato è infatti la marea di parrucchieri cinesi che negli ultimi anni ha attratto molti utenti “mass market”, suscitando la classica reazione dei corrispondenti italiani con accuse di prodotti pericolosi per la salute (tinture in primis) e scarsa professionalità degli addetti.

Nel momento in cui gli immigrati iniziano ad andare via dall’Italia per la crisi fin troppo esasperata, questo non è l’unico settore in cui nelle città si gioca questa eterna sfida tra autoctoni e stranieri, con i secondi che si accontentano solitamente di meno soldi, ma magari emettono ricevuta e sono persino (…) dotati di Pos, come dovrebbero fare (senza storcere il naso) i loro concorrenti autoctoni.

Mentre alcuni Italiani in ambito B2B cercano nuove forme per “vendere ai cinesi“, sul B2C non è difficile immaginare che iniziative di matrice “nazionalistica” come quelle dei parrucchieri italiani inizieranno a fiorire: sono gare sul low cost, ma si giocano soprattutto sul fronte della differenziazione reale, non solo percepita. C’è poco da fare gli schizzinosi, è la legge della domanda e dell’offerta.

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