L’élite che si nazional – popolizza

Chi torna indietro nel tempo ad osservare le prime comunità virtuali, trova spesso citati i “grandi classici”: The Well, ad esempio. In realtà, spazi virtuali di questo tipo andavano al di là del concetto contemporaneo (sempre più tendente a quello di “forum” e similari) poiché supportavano gli spazi comuni con un’attività più “sistemistica” di gestione di accessi, connettività, software condivisi.

Un esempio tipico, in Italia, era la Rete Civica di Milano: nata dalla fruttuosa collaborazione di enti pubblici, Università ed associazioni, ha visto nascere intere comunità all’interno delle “conferenze”, ha coordinato attività che hanno fatto breccia tra i cittadini di Milano e non solo, “educandoli” all’uso della Rete ed alle potenzialità insite negli strumenti informatici e telematici.

Sembrerebbe sulla stessa linea la nuova edizione di “Alla conquista del Web – Scopri il tesoro della comunicazione“, un’attività didattica per i più giovani… Eppure.

La grafica del sito, è evidente, è quantomeno dozzinale. Dov’è finita la classica eleganza che contraddistingueva le iniziative dell’RCM? Vada per il fatto che è un sito per i più giovani: ma forse proprio per questo, forse proprio per l’innato senso stylish che hanno le nuove generazioni, si poteva fare di meglio. Anche le descrizioni dell’iniziativa potevano assumere un tono meno luogocomunistico. Sarà che ormai, in Italia, la Rete è, per fortuna, tutto tranne che qualcosa di élite. Non per questo, però, è un piacere assisterne alla nazional – popolizzazione.

C’era una volta Clarence…

La storica foto di Gianluca Neri sulla copertina di Ed ora ne rimane ben poco, verrebbe da dire. Clarence, lo storico “wwworld apart” della Rete italiana, vaga ora come uno zombie sotto l’egida di Dada, la webcompany fiorentina che nel 2001 comprò il portale dai fondatori, che a loro volta l’avevano ricomprato dalla moribonda svedese Spray. Una storia societaria che passa anche attraverso l’euforia di inizio decennio e che si conclude con le insistenti voci di chiusura definitiva di qualche mese fa

Oggi Clarence è un “qualcosa” non meglio definito, che cerca di portare traffico ai siti di Dada e raccoglie materiali, soprattutto free, dalla Rete. Esempio squalliduccio la sezione Giochi, silloge dei soliti giochini virali che girano di e-mail in e-mail. Si capisce così l’amarezza del sempre brillante Gianluca Neri nel vedere il proprio figlio prediletto arrancare con gli “arraponi” (?) che oggi frequentano Clarence.

Clarence suona per Dada come un’occasione fallita. È impressionante vedere la differenza qualitativa tra il Clarence “vecchia maniera”, riconoscibile dalla vecchia grafica ed ancora (per poco?) rintracciabile grazie ai motori di ricerca (un esempio: Noia Portale) ed il portale attuale, parente nobile dei siti “solo link a dialer” che sono nati e cresciuti negli ultimi mesi. Un caso molto interessante anche perché, di fatto, era una delle poche comunità italiane veramente coese. Così coesa che, piano piano, è scivolata via, verso sponde (culturalmente) più floride

Mostruosamente profittevoli

La mascotte di MonsterQualcuno ha detto “Google è la Microsoft del Web”, spingendo questa immagine sino a teorizzare fusioni tra le due società. Qualcuno, poi, ha detto “Monster è la Google della ricerca del lavoro”. Il paragone, stavolta, è ancora più azzeccato. Sino a quando Google non lancerà il proprio servizio di ricerca di inserzioni / offerte di lavoro (manca tanto?), Monster Worldwide macina ricavi e per non farsi mancare niente si mangia in un boccone il principale concorrente europeo, JobPilot.

Su Monster, effettivamente, si trova di tutto. Si può cercare lavoro in tutto il mondo, persino in Iraq. Interessanti, le offerte di lavoro, irakene ma non troppo: sono fatte principalmente da aziende statunitensi. Ad esempio, ci si può specializzare in interrogatori (ma bisogna essere cittadini USA, peccato) oppure, se si ha una laurea in storia del Medioriente, si può lavorare come “Counterterrrorism Analyst” per Booz Allen Hamilton.

Non c’è granché da meravigliarsi in fatto di lavori dal sapore militare: nello shopping internazionale, Monster ha fiutato l’affare e si è comprato il sito da 3 milioni di iscritti Military.com: una comunità che macina utili e lancia persino un proprio programma di affiliazione…

I britannici, gli italiani e le comunità di toothers

Non si parla d’altro, nel mondo virtuale europeo: una serie di articoli sui principali quotidiani (in Italia ha provveduto La Repubblica) ha diffuso presso il grande pubblico la tecnica del toothing, presentato come moda che impera sui mezzi pubblici britannici. L’idea è semplice ma divertente: abbattere l’enorme noia dei viaggi da pendolari attraverso l’invio di messaggi, tramite tecnologia Bluetooth, a cellulari, PDA, notebook delle altre persone presenti nel mezzo. La finalità, però, non è tanto parlottare, ma dedicarsi ad un passatempo decisamente più avvincente: la domanda esplicita, “Toothing?” è un invito a dedicarsi, magari nella toilette, ad atti sessuali.

L’idea, insomma, non è creare una specie di comunità basata su interessi professionali o personali: si tratta di stabilire rapporti uno-ad-uno nel minor tempo possibile, magari inoltrando l’invito all’ingrosso. Qualcuno abboccherà: la noia è forte ed il tempo è tanto. A posteriori, la comunità la si costruisce on line: guidati da tale Toothy Toothing, i toothers scambiano consigli ed esperienze su un forum in lingua inglese. Qui inizia l’aspetto che colpisce di più: la comunità virtuale è diventata rapidamente internazionale, in base allo spazio che i media dei vari paesi hanno offerto al sistema di (diciamo così) abbordaggio tecnologico.

Così si scopre che gli italiani, in un lasso di tempo rapidissimo, hanno letteralmente riempito il forum. Se gli inglesi si dilettano a discutere di “etiquette”, gli italiani si lanciano subito in offerte a dir poco dirette. Allo stesso modo, mano a mano che tutta l’Europa scopre il fenomeno attraverso quotidiani cartacei ed on line, nuovi astanti partecipano alla discussione sul forum che, tra l’altro, in queste ore ha evidenti problemi di sovraccarico. Si tratta di una comunità particolare non solo per il tema dominante, ma anche per come è nata e cresce: del tutto guidata dai media, del tutto in totale evoluzione.

Quando a marzo Wired aveva parlato del fenomeno, le frecciatine andavano verso la “stranezza” degli inglesi: meno di un mese dopo, l’iniziativa sembra ormai interessare tutta l’Europa. I più attenti ai fenomeni della Rete scommettono che sarà una moda passeggera ed al prossimo articolo di costume nascerà una nuova moda ed una nuova comunità. L’esperimento, però, è istruttivo: vedremo cosa succederà quando le tecnologie di social networking permetteranno di condividere qualcosa di più di un’avventura sul treno. A quel punto, i confini tra comunità virtuali e condivisioni dal vivo saranno molto più sfumate di oggi.

Anche le suore hanno la chat

Notizia rapida ed indolore dalle agenzie: il 21 febbraio partirà la chat di Cattolici.net dedicata alle “persone consacrate”. Il sito è interessante: contiene circa 30.000 links a siti cattolici in giro per il mondo ed è regolarmente aggiornato.

Tuttavia, i dispacci sbrigativamente ci spiegano che solo le suore saranno ammesse, dalle 21 alle 21,30 del sabato. Il popolo della Chiesa incontra il popolo della notte… Ma i sacerdoti? I frati? Non sono consacrati anche loro? È per evitare possibili promiscuità sessuali? Misteri della fede.

Uno Puntozero versione 2004

Anche quest’anno Uno Puntozero ha fatto notizia: nei giorni scorsi un numero imprecisato di riviste digitali e non ha ripreso le agenzie di Reuters, Adnkronos, Ansa a proposito del risultato di un sondaggio Swg dagli esiti abbastanza scontati. Il 65% degli utenti Internet è a favore dell’audio su Web e questa ricerca di mercato è stata utilizzata dal nostro per il lancio del sito Speakage.

Il sito stesso è una prova del prodotto che offre. Ma oltre a dire su una base unz unz qualcosa del tipo “Siamo a tua disposizione per qualsiasi informazione” non sembra fornire molte informazioni supplementari a quelle che si possono leggere.

In passato il buon Marco Camisani Calzolari aveva avuto idee più originali: un esempio è carino Matrimoni On Line, una comunità virtuale in cui coppie che magari non possono farlo nella realtà si regalano un matrimonio virtuale, con tanto di fedine e certificato.

Fai attenzione, Marco. O farai la fine di Claudio Cecchetto e delle sue idee faraoniche…

Internet causa il 10% dei divorzi

Questa sarebbe la percentuale britannica secondo Paula Hall, consulente di Relate, azienda specializzata in “cure” per relazioni in crisi.

Dall’altra parte della Manica, d’altronde, più che della pornografia (che sembrerebbe essere il motivo per gli uomini), si ha paura di chat e comunità virtuali in genere: qualche anno fa fece scalpore la storia di Janet Woodhouse, casalinga inglese che dopo appena pochi mesi di spensierate navigazioni aveva lasciato la famiglia, correndo in Australia. Recentemente, siti inglesi specializzati sul divorzio hanno puntato il riflettore sulle “responsabilità” di siti come Friends Reunited, piattaforma che permette di reincontrare vecchi compagni di scuola ed antiche fiamme.

Queste sono le principali indicazioni di Relate, per scoprire se il proprio matrimonio rischia la crisi

«Signs that a partner may be in a relationship over the internet:

  • they are spending more and more time on the internet particularly in chat rooms and those to do with sex and sexuality;
  • they try to hide information from you;
  • they can’t stay away from the computer for long periods of time;
  • they become distant, secretive or even critical of you.

Warning signs you may be at risk of having an internet affair:

  • all of the above;
  • you find yourself thinking about using the internet for purposes of making sexual contact;
  • you find yourself talking with one or more individuals on a regular, or pre-arranged, basis;
  • you make attempts to contact these individuals by other means;
  • you become aroused by the contact you have on line – more than with your partner;
  • you feel guilty about your online activities.»

Dopo aver letto queste simpatiche istruzioni pensate anche voi di essere sull’orlo del divorzio, ma non ve n’eravate mai accorti?

Come l’Europa perde le sue “stelle”

Il Time striglia l’Europa, e fa bene: laureati, masterati, dottorati scappano a gambe levate. Chissà a quante persone sparse per il mondo in questo momento fischieranno le orecchie…

La copertina del Time che ritrae Sandra Savaglio, eroina degli scienziati europei costretti ad emigrareIl Corriere della Sera si focalizza sulla storia di copertina del prestigioso periodico, relativa all’astonoma italiana Sandra Savaglio, di origini calabresi, scappata dall’Osservatorio Astronomico di Monte Porzio Catone, per raggiungere il Physics & Astronomy Department della Johns Hopkins University di Baltimora, negli Stati Uniti.

Fa tenerezza, il sito di Sandra. Ci sono (incomprensibili, per noi profani) appunti scientifici e tenere immagini della sua famiglia. Per cogliere la dimensione più umana di queste esperienze, Corriere.it ha anche aperto un Forum sul tema, chiamandolo I cervelli in fuga. Dando una rapida scorsa ai topic, si vedono le voci di protesta di ricercatori italiani “alla frutta”.

Come dar loro torto? Il fenomeno della fuga, specie in ambito scientifico, sta diventando così macroscopico che gli scienziati italiani all’estero hanno aperto una propria comunità su Yahoo! Groups. Anche la nostra Sandra scrive (da) laggiù: l’ultima volta, per segnalare Why Italians Are Saying “Arrivederci”, articolo apparso su Business Week a dicembre.

Governo? Parlamento? C’è qualcuno? Che siano scappati anche quei cervelli lì?