Menti illuminate ci illuminano sul futuro dei nostri figli

Ci sarebbe da domandarsi a cosa volessero giungere gli organizzatori del convegno sulle “Nuove solitudini” (eh?) invitando allo stesso tavolo antropologi e neurologi. A leggere le agenzie, sicuramente ad un po’ di pubblicità. La ricetta è sempre la solita: far dire banalità melodrammatiche a medici e ricercatori per recuperare un po’ di spazio su quotidiani gratuiti e radio locali, tipicamente i mezzi più golosi di queste notizie. I media mainstream, invece, di solito ignorano del tutto i proclami. A meno che non siano a corto di notizie, ovviamente.

Forse per paura di perdere persino il proprio pubblico affezionato, stavolta, non si è risparmiato sulle “notizie – bomba”: scopriamo che non solo i videogiochi fanno “male” ai ragazzi, ma anche la televisione ha il suo bel ruolo nel rincretinirli.

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Quando manca la fantasia…

Impazza sulla blogosfera italiana la storia della tesi plagiata di Monia Alessandrini, meglio conosciuta ai più come autrice dell’interessante webzine Comzine. Su ManteBlog come su Macchianera, i tenutari dei blog italiani si scatenano con tanto di Googlebombing «Cristina Gavello è una copiona» ed ampie difese dell’involontariamente coinvolto Vittorio Pasteris, relatore della tesi della copiona.

Non che sia così raro, che le tesi “volino” da una parte all’altra: Paolo Graziani racconta il suo caso in cui Internet c’entra poco ma il dolore è tanto ed altrettanto, senza parlare delle vittime delle biblioteche e delle tesi pubbliche. In fin dei conti solo chi è laureato (tanti e tanti, grazie a Dio) capisce cosa vuol dire smazzarsi ore ed ore per fare una tesi e vedersela rubata con un paio di copia & incolla.

La cosa grave, nel caso di Monia, è che la sua alter ego è diventata, nel suo piccolo, “famosa”. Ormai il web book incriminato non esiste più, ma restano tracce sul Web dei link (commentati molto positivamente). D’altra parte i poverini di NetManager già hanno abbastanza guai in casa per pensare anche a queste storiacce.

Un’ultima chicca, scoperta per puro caso pochi minuti fa: chi ha dato il permesso a questi di ripubblicare in pillole PubblicitArte?

Brevettando l’imbrevettabile

Ore frenetiche per le istituzioni europee: il Consiglio Competitività dell’Unione Europea deve dare l’avvallo alla direttiva sulla brevettabilità dei prodotti informatici. In questa sede, quello che preoccupa di più sono i confini della normativa: una cosa sono i “software”, un’altra i protocolli di Rete, un’altra le interfacce, un’altra le piattaforme e-commerce e così via.

Il comportamento della Presidenza irlandese, che in un sol colpo ha eliminato tutto il lavoro del Parlamento europeo, non piace a molti: ai tedeschi così come ai belgi, ai ministri italiani in carica alla maggioranza come all’opposizione. A livello europeo, Verdi e radicali si battono per non far passare l’atto ritenuto illegittimo.

Si dice che la responsabilità del comportamento irlandese sia nascosta (ma non troppo) nel forte flusso di capitali che hanno reso l’Isola il fulcro felice dello sviluppo tecnologico nel Vecchio Contenente: principalmente derivanti dalle industrie informatiche d’oltreoceano. Persino il glorioso Trinity College si sarebbe riciclato come fornace di infidi brevettatori.

Sarebbe un errore, comunque, catalogare necessariamente BSA e similari tra i “cattivi”: recentemente una rappresentante dell’Alliance ha brillantemente espresso la posizione dell’industria del software sul Decreto Urbani, altra brillante spada di Damocle sul mondo Web (stavolta solo italiano, con nostro grande orgoglio). In termini di e-commerce, d’altra parte, già qualche tempo fa la Foundation for a Free Information Infrastructure mise on line un’inquietante paginetta che elencava gli incredibili brevetti già registrati in questo campo.

Il punto è che i brevetti, di per sé, non sono un male. Come il copyright in genere, sono una forma di protezione della proprietà intellettuale, cioè l’unico patrimonio di molte aziende del terziario. Ma il passato insegna che il modello americano dell’iper – brevettabilità genera mostri: il caso Sco / Linux insegna.

Tutti a giocare a Pac Manhattan

Questo week-end tutti a Manhattan: l’Interactive Telecommunications Program dell’Università di New York ha lanciato un nuovo round di Pac Manhattan. L’idea è quella di ambientare “dal vivo” il celebre giochino che ha fatto la storia dei videogiochi negli anni Ottanta. Non tutti sembrano particolarmente attratti dall’idea, ma sembra un esperimento carino.

Il progetto, c’è da scommetterlo, perderà i crismi del “gioco da università” e si diffonderà in altre città, in giro per il mondo. Il software è open source, l’idea è un misto tra una “caccia al tesoro” da ACR e studi avanzati di Human Computer Interaction. Tanto per non farsi mancare niente, gli studenti di questa “versione analogica” del gioco (!) si sono dati anche dei punteggi.

Per chi non può fare un salto a Manhattan ad osservare gli universitari che corrono per i parchi e le vie della città, la consolazione sta nell’omonimo gioco (stavolta digitale) sviluppato da Ian Lindsey

Anche gli ingegneri aiutano i disabili a comunicare

C’è da ammettere che, in Italia, gli ingegneri sono abitualmente visti con un misto di sospetto e sufficienza: probabilmente, l’ottusità di alcuni rappresentanti delle vecchie generazioni ha creato questo luogo comune dell’ingegnere come cattivo comunicatore. In realtà, i giovani e le giovani ingegneri di oggi sono persone molto aperte agli stimoli esterni: ne sia esempio la Laurea in Ingegneria del cinema e dei mezzi di comunicazione, recentemente inaugurata presso il Politecnico di Torino.

Anche un comunicato stampa di un altro Politecnico, quello di Milano, oggi parla di un nuovo link tra ingegneri e comunicazione: il Dipartimento di Bioingegneria lancia il progetto Whispers, dedicato alla comunicazione tra disabili e tecnologie elettroniche. L’idea di fondo, piuttosto innovativa, è quella di una «tastiera a modulazione respiratoria» che, connessa ad un computer o ad un dispositivo wireless, raccolga le modulazioni del respiro codificate in una sorta di codice Morse.

Non è la prima volta che il Dipartimento si apriva all’esterno: era già avvenuto con una collaborazione con l’Associazione Paraplegici lombarda. Ma, stavolta, l’iniziativa finanziata dal Fondo Sociale Europeo ha un che di speciale. Incrociamo le dita e tiriamo un sospiro (di sollievo).

Come l’Europa perde le sue “stelle”

Il Time striglia l’Europa, e fa bene: laureati, masterati, dottorati scappano a gambe levate. Chissà a quante persone sparse per il mondo in questo momento fischieranno le orecchie…

La copertina del Time che ritrae Sandra Savaglio, eroina degli scienziati europei costretti ad emigrareIl Corriere della Sera si focalizza sulla storia di copertina del prestigioso periodico, relativa all’astonoma italiana Sandra Savaglio, di origini calabresi, scappata dall’Osservatorio Astronomico di Monte Porzio Catone, per raggiungere il Physics & Astronomy Department della Johns Hopkins University di Baltimora, negli Stati Uniti.

Fa tenerezza, il sito di Sandra. Ci sono (incomprensibili, per noi profani) appunti scientifici e tenere immagini della sua famiglia. Per cogliere la dimensione più umana di queste esperienze, Corriere.it ha anche aperto un Forum sul tema, chiamandolo I cervelli in fuga. Dando una rapida scorsa ai topic, si vedono le voci di protesta di ricercatori italiani “alla frutta”.

Come dar loro torto? Il fenomeno della fuga, specie in ambito scientifico, sta diventando così macroscopico che gli scienziati italiani all’estero hanno aperto una propria comunità su Yahoo! Groups. Anche la nostra Sandra scrive (da) laggiù: l’ultima volta, per segnalare Why Italians Are Saying “Arrivederci”, articolo apparso su Business Week a dicembre.

Governo? Parlamento? C’è qualcuno? Che siano scappati anche quei cervelli lì?